engin akyürek umut

Chi mi conosce sa che nei periodi stressanti mi chiedo ossessivamente quale sia l’evento causa di tutto.  Ossia quella “sliding door” che non avrei dovuto attraversare per essere ancora libera e felice nel mondo dell’adolescenza perenne e degli unicorni.

Sebbene me lo chieda in modo ossessivo e lo ripeta altrettanto ossessivamente a quei malcapitati che condividono con me spaccati vita quotidiana, non ho ancora trovato l’evento scatenante o forse ne ho trovati troppi e dovrei smetterla di analizzare episodi successi negli anni dell’asilo.

Questa premessa è doverosa per spiegarvi quanto i film a tema “come sarebbe la mia vita se” sono sempre stati il mio punto debole dalla prima volta in cui, alle scuole medie, vidi “Sliding doors”. Un film come molti altri, ma che mi ha inspiegabilmente influenzata tanto che, ancora adesso, quando sto per perdere una corsa della metro il mio cervello si chiede se entrare nonostante tutto o fermarsi e prenderla con calma.

Per questi motivi, appena ho letto la sinossi di “Bir Ask Iki Hayat” non ci ho pensato su mezza volta soprattutto perché, quando sei abituata a sessioni sfibranti che mi hanno portato ad esaurire la visione di dizi da milioni di puntate in 5 giorni di media, riducendo all’osso tutto ciò che non è dovere sociale e lavorativo, vedere un film da un’ora e mezza mi sembrava un vero e proprio gioco da ragazze.

Un’altra cosa che la sottoscritta apprezza è vedere film che iniziano con scene apparentemente inutili; ciò significa che “la scena d’apertura” equivale alla scena finale oppure a uno dei plot twist che danno la svolta al film intero. E io passo con l’ansia mezzo film perché non riesco a collocare la scena in questione.

Il film inizia con un bel dramma: l’investimento di qualcuno ad opera di una macchina che trasporta due sposi. Perché l’idea di un qualcuno messo sotto da una macchina non era sufficientemente scioccante, era quindi necessario coinvolgere due poveri malcapitati a caso già probabilmente sul lastrico per aver dovuto organizzare un matrimonio.

Dopo lo shock iniziale, conosciamo Umut Atay, regista, scapolo, bello quanto spiantato. Lo conosciamo mentre è intento in una conversazione con il suo amico Oguz. Umut ha bisogno impellente di soldi e per questo sta passando in rassegna tutti i quadri appesi nel suo colorato salotto, della sua bella casa, in un quartiere colorato di Istanbul.

Umut ha un cane, Oskar, che lo guarda sconsolato con il guinzaglio in bocca e una voglia matta di andare a fare una passeggiata.

Dalla risposta che darà Umut al bisogno di svago di Oskar dipenderà tutto il resto del film.

Da questo momento, infatti, la storia procederà su due binari paralleli. Due storie e due Umut diversi, che affrontano vicissitudini diverse, con un approccio totalmente diverso. Due Umut distinti da un diverso modo di vestire, un diverso taglio di capelli, un diverso sguardo, ma la differenziazione più evidente viene evidenziata dalla fotografia.

L’Umut che decide di uscire a portare a passeggio Oskar sarà accompagnato da una fotografia calda, gioiosa, volta a rispecchiare una buona predisposizione d’animo nonostante le normali resistenze che un trentenne scapolo può mettere in atto quanto incontra una donna che è invadente quanto Deniz, la protagonista femminile del film, interpretata da Bergüzar Korel, che il personaggio interpretato da Engin Akyürek incontrerà proprio grazie a Oskar.

Deniz è una donna logorroica, sbadata al limite del naïf, ma che ha la volontà di ferro propria di ogni donna quando decide che quell’uomo che ha davanti è quello giusto.

L’Umut che decide, invece, di non portare Oskar a passeggio sarà rappresentato da una fotografia fredda, talvolta tetra, in grado di restituire una talvolta soffocante sensazione di malessere e frustrazione che diventa a mio parere palpabile quando il personaggio si trova a fare i conti con il fallimento lavorativo o quando realizza che sua madre non riesce più a riconoscerlo.

I due Umut sono due uomini differenti e per comodità li chiameremo “Umut Gioioso” e “Umut Triste” anche se, vi avverto, ad un certo punto della storia vi chiederete dove sia la gioia e dove sia la tristezza.

“Umut gioioso” è indubbiamente una persona con una spiccata propensione a subire la vita, lui subisce Deniz, subisce le decisioni di Deniz e reagisce nel modo in cui solo gli uomini intrinsecamente immaturi sono in grado di reagire, tradisce. Salvo poi tornare in lacrime da una donna che per tutto il film ha rinunciato a molto e si è sacrificata pur di stare vicina all’uomo che ha scelto. Un uomo che in troppe circostanze l’ha ritenuta responsabile delle proprie insoddisfazioni, che non ha mai avuto il coraggio di portare avanti quei “no” molto spesso sussurrati e che ha consentito alla vita di scorrere mentre lui cercava di sfuggire ad un dialogo con sé stesso.

Umut gioioso è il prototipo dell’individuo contemporaneo.

Si riempie la vita di cose di cui sa di non avere bisogno e che probabilmente odia ma lo fa perché ha una dannata paura della solitudine. Smette di chiedersi il perché e in che direzione stia andando e sostituisce i propri desideri con i bisogni degli altri. Umut è un uomo comune, come ne abbiamo incontrati mille nei nostri percorsi, uomini che sostituiscono l’amore che ricevono da qualcuno con la stima che dovrebbero nutrire verso sé stessi. Un personaggio che sceglie di non scegliere, ma che lascia alla propria compagna la responsabilità di qualunque cosa, persino il momento in cui se ne va.

L’Umut triste invece è un uomo granitico nonostante il destino, il fato e le scelte apparentemente sbagliate nel tempo e nei modi, che l’hanno portato a raschiare il fondo del barile della sua vita.

Questo Umut non si accontenta di percorrere la strada più semplice quando una delle sue conquiste tenterà di spianargli la strada, non esiterà a gettare un biglietto da visita che per lui vorrebbe dire uscire da quel baratro in cui è piombato.

È un uomo che ha fatto della solitudine e del silenzio due muri che difficilmente riescono a essere valicati oppure abbattuti, ma resta comunque una persona in grado di fermarsi a guardare rapito una sconosciuta che il destino le fa incontrare spesso, Deniz appunto. Perché, Deniz e “Umut triste” si incontrano per tutto il film. Lei non lo nota mai, lui la nota sempre, la segue con lo sguardo per strada mentre lei è intenta a conversare sotto una pioggia scrosciante, la guarda con insistenza mentre la incontra in un cinema. Ma nonostante sia indubbiamente incuriosito decide di non parlarle mai, probabilmente perché risucchiato dal vortice che le tenebre agitano dentro di lui. E proprio nonostante questa forza distruttiva che lo attrae verso l’abisso, il nostro Umut tenebroso troverà la forza di onorare una sua promessa e di rincorrere il proprio sogno, regalandoci forse il primo sorriso vero di questo personaggio. Da quel momento anche la fotografia cambia e torna a colorare la vita di Umut che troverà il coraggio di parlare con Deniz, complice una rovinosa caduta che, confesso, mi ha regalato il primo momento di immedesimazione con il personaggio femminile.

Indubbiamente questo è un film sulle scelte e su quanto un attimo possa cambiare la vita per sempre, ma anche un film su quanto le scelte ed il destino siano influenzati dalla nostra capacità di guardarsi dentro, di scegliere ciò che vogliamo, ciò che è giusto per noi e soprattutto ciò che noi meritiamo. Un film che ci ricorda una cosa che abitualmente dimentichiamo ossia che spesso la sofferenza è quanto di più intimo possiamo regalare a noi stessi e che essa molto più di quanto vogliamo pensare riesce ad essere il motore che ci spinge fuori dalle nostre grotte più buie.

Alice

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5 Comments

  1. Grazie Alice per averci regalato questa bellissima analisi di un film che amo particolarmente, perché rappresenta la mia visione dell’esistenza dove una scelta può cambiare la vita ma non il destino ❤️

  2. Grazie, cara Alice, per questa recensione che ci fa ripercorrere le scene più significative di questa ulteriore e straordinaria interpretazione di Engin, che lo vede rivestire in questo film un ruolo diverso,originale e per niente banale.
    Hai ragione, quante volte anche noi ci soffermiamo a pensare a come avrebbe potuto essere la nostra vita, se ad un certo punto non avremmo fatto certe scelte.. ma quanto dipende da noi e quanto dal destino che ha segnato per noi un certo percorso?? È una domanda a cui non ho saputo ancora rispondere…

    1. A me capita spessissimo… forse anche troppo, ma non ho risposte

  3. Ah Umut..lo scrivo sempre quando leggo di questo film e di questo personaggio. Di questo film mi è piaciuto il modo in cui hanno raccontato “Umut Gioioso” e “Umut Triste”. Sembrano due persone totalmente diverse ma non lo sono. Due caratteri diversi ma non lo sono. Quindi sono le scelte che mettono in risalto tutte le nostre caratteristiche. Mi trovo totalmente d’accordo sulle ultime righe di questo tuo bellissimo scritto. Brava Alice

    1. Grazie Fra! E’ una storia che mi ha colpito molto proprio per la differenza di caratterizzazione psicologica che è palese nel film. Il fatto che siano la stessa persona, a volte, lo dimentichi

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