Engin Akyürek, Sessizlik : “Questi dilemmi mi spingono a scrivere”

Dal n. 23 di Kafasına Göre (nov-dic 2018)

Intervista di Genco Özak a Engin Akyürek in occasione dell’uscita del libro Sessizlik

Avete presente quelle persone che hanno toccato la vita di noi tutti? Non hanno studiato, ma dicono cose o con la loro presenza ci fanno così bene che ci rendono umani.  Quando ricordate il passato, una frase, un momento… Non potete dimenticarlo…

I protagonisti della maggior parte delle tue storie sono i bambini. Ti manca la tua infanzia? O è il bambino interiore che ha scritto queste storie?

La professione di attore include anche il giocare come un bambino e questo è molto prezioso per me. I bambini sono i migliori attori del mondo. Il mio rapporto con la scrittura è cominciato prima che iniziassi la professione di attore. Certamente allora scrivevo cose diverse, ma negli ultimi 4-5 anni ho iniziato a relazionarmi un po’ di più con la scrittura. Forse un po’ per via dell’età, dopo aver compiuto i vent’anni, ho sentito il bisogno di relazionarmi con il mio bambino interiore.

Come scrittore, ne Il ciliegio ho avuto l’impressione che avessi paura di crescere, come se le cose peggiorassero una volta cresciuto. Mi chiedo se siamo cresciuti e il mondo è diventato brutto.

In effetti, più perdiamo il nostro essere bambini, più ci induriamo fisicamente e anche le nostre emozioni iniziano a indurirsi. Perdiamo quella morbidezza infantile. È un processo che tutti attraversano. Il punto qui era preservare le emozioni e riuscire a rifletterci un po’. Tutte le mie storie nel libro riguardano l’infanzia, il presente e la vecchiaia.

Ci sono anche gli adolescenti?

L’adolescenza è un po’ un trauma per noi uomini. All’età di 15 o 16 anni, le ragazze di cui ci innamoravamo, si innamoravano sempre dei ragazzi più grandi. Non ci piacevamo fisicamente allo specchio, avevamo l’acne e le nostre voci diventavano spesse. C’è un problema fisiologico ma non lo si può esprimere e si prova rabbia per tutto. La pubertà è un tempo che nessun uomo vuole ricordare, ma è un tesoro molto prezioso perché è anche il momento nel quale comprendiamo e vediamo tutto il nostro carattere e le nostre incertezze.

Hai scritto storie sulle relazioni. Credi che quando le persone trascorrono del tempo insieme riescano a costruire un legame. Anche se, sia gli uomini sia le donne, cercano volontariamente di rompere il legame, nelle tue storie c’è uno stato indissolubile di amore e relazione. È necessario consumare l’amore fino alla fine?

Mi sono preoccupato di raccontare qualcosa di un po’ ironico. Nelle storie, ho cercato di raccontare un po’ attraverso gli occhi degli uomini, di spiegare qualcosa sul mondo degli uomini e su come gli uomini guardano alla questione. Spesso il mio punto di vista entra in gioco insieme ai personaggi. Quello che cerco nelle storie e nella vita è poter amare e seguire una persona con sentimenti puri, senza nemmeno conoscerne il nome, potersi innamorare solo da lontano. Ma quando dici relazione, entrano in gioco gli ego dei personaggi e la questione si sposta altrove. Nei miei racconti scrivo sempre con il sentimento di quell’uomo che guarda, segue e ammira da lontano.

Nella tua storia intitolata Un piccolo racconto sull’amore, i tuoi amici Hakan, Mehmet e Selim hanno sempre qualcosa di te. Poiché ti conosco, le reazioni dei personaggi, in certi momenti, sono simili alle tue. C’è un uomo che rinuncia al suo amore per un suo amico… Bene! Oggi lo faresti per un tuo amico?

In realtà tutti quei personaggi sono me. Non avevo amici con questi nomi, non ho vissuto storie del genere, ma a volte sono diventato Hakan, mi sono comportato come lui. Mi piace l’idea dell’amico che, come in questa storia, si allontana da qualcuno per qualcuno che ama. Contiene un po’ di cultura del vicinato, di adolescenza, di un amore e un’amicizia molto sottili. In effetti, quel tipo d’amore a volte è più prezioso.

Leggo un messaggio come quello di non perdere l’innocenza di essere un bambino, in Un piccolo racconto sull’amore.

La parola innocenza esiste dal momento che è già scomparsa, è destinata a perdersi. Perderemo tutti la nostra innocenza nella vita moderna. Del resto l’esistenza della parola è quella. Il problema è che lo scrittore sta scrivendo  anche perché forse non sarebbe in grado di fare le stesse cose se vivesse questa situazione nel 2018. 

È come se la vita ti obbligasse a scrivere questo?

Questi dilemmi mi spingono a scrivere. In passato eravamo in grado di farlo molto facilmente, ma nel 2018 forse potremmo non essere in grado di farlo con la stessa forza. Non lo dico solo come Engin, ci sono alcuni ruoli nella vita che ti sono stati assegnati. Puoi sbarazzarti di questi ruoli, del potere e dell’ego e assumere un tale atteggiamento? Ho voluto solo domandare un po’ questo.

Scrivere è una cosa molto difficile in sé, soprattutto se parliamo della pubblicazione dei tuoi scritti… Sono sicuro che se a molte persone viene detto “Dai scrivi! Intanto nessuno lo leggerà”, scriveranno cose molto belle. Ma ora tu hai il tuo pubblico come attore e i tuoi lettori per gli articoli che scrivi su Kafasına Göre. Oggi, mentre scrivi, hai il problema di lasciare al lettore l’emozione simile al finale di un film, il sentimento di quando esci dal cinema, è possibile? Perché in molte storie, da lettore, sono rimasto fregato quando meno me lo aspettavo. Nella maggior parte dei casi, aspettando il colpo di scena, sei finito nella tua stessa realtà.

Sono un attore quindi, anche se provo a descrivere una situazione o un evento, ho l’abitudine di vederla come un prodotto televisivo. Di solito c’è un finale nella mia mente, ma cambia sempre quando comincio a scrivere.

Quindi hai sacrificato i finali che avevi programmato dall’inizio?

Non precisamente, il finale di tutte le 21 storie era diverso nella mia testa, ma quando ho iniziato a scrivere, ho deciso che alcuni non avrebbero dovuto essere troppo lunghi. I grandi scrittori di storie e romanzi non pianificano mai i finali. Si siedono e iniziano a scrivere, non conoscendo il finale di quel libro. So più o meno dove andrà questa storia, ma di solito cambia quando inizio a scrivere. Mentre mi perdo nella scrittura dico “Oh, questo sarebbe più corretto” perché scopro un altro significato. Una delle cose che temo di più mentre scrivo è essere didattico, cioè cercare di insegnare qualcosa al lettore, scrivere aforismi, prendere la scrittura troppo sul serio. Come Engin, nella vita ho delle riserve su questi aspetti. Come prendere sul serio questo libro e far sentire che stia raccontando qualcosa di molto importante. Invece non è così, c’è una condivisione emotiva in questo libro. Per questo ho cercato di trasmettere significati ed emozioni nei finali.

Parliamo di gatti? Cosa ti ha motivato nella storia Secondo me è Sefa?

Ho un gatto, mi ha trovato ed è entrato nella mia vita. Ho scoperto che i gatti stabiliscono con noi relazioni più corrette e senza filtri perché sanno decifrarci meglio. Abbiamo molta coscienza e conoscenza su come stabilire o meno relazioni con qualcuno. Gli animali, in particolare i gatti, possono stabilire una relazione molto corretta. In realtà questa è la storia di un gatto in grado di insegnare qualcosa. Quando Sefa lo incontra, si rende conto che il narratore non lo ama.

Ma il narratore non ne è consapevole.

Si. Comunque il narratore probabilmente, se non si rende conto di questo suo comportamento, penserà che il gatto è un animale che viene quando gli si dice di venire, che va quando gli si dice di andare e che si mostra arrogante con tutti nella propria vita. Per capire il problema: “Volevo raccontare, attraverso una relazione immaginaria, che è un essere vivente che entra nella nostra privacy e può stabilire relazioni. Riuscire a raccontare una storia attraverso gli animali è di per sé un problema, secondo me. Ad esempio, ci sono Garfield, il Gatto Cattivo Şerafettin che amiamo… Mi piace molto il Gatto Cattivo Şerafettin: nonostante il suo cattivo carattere è forse il gatto più compassionevole del mondo e ci piace così.

È stato difficile scegliere il titolo per il libro?

È stato molto difficile. Prima abbiamo deciso che doveva essere il titolo di una delle storie e il silenzio definisce un’espressione, un ricordo. A volte il silenzio ha una voce. Quando vai da qualche parte nel bosco ti rendi conto del suono del silenzio, del potere del suono del silenzio. Il silenzio ha una voce e mi piace sentirla.

Può persino far impazzire un uomo.

Si, può persino far impazzire un uomo, ma c’è anche un lato bello del silenzio: ha un significato diverso per tutti. Ha sempre un significato profondo che si rinnova sempre.

Il suo significato cambia a seconda della situazione.

È una parola auto-rinnovatrice e potente. Nonostante questo, il libro ha una copertina molto rumorosa e affollata.

Quindi avete voluto deliberatamente un contrasto? Si chiama Silenzio, ma la nostra copertina è rumorosa.

Sulla copertina ci sono alcune figure molto semplici che possono spiegare i problemi del libro. Quando guardi all’interno invece ci sono linee molto semplici disegnate da Nalan Alaca. Volevo che la copertina e la sua stessa percezione fossero aggressive. Ecco perché il gatto si adatta così bene a questa copertina.

In una delle tue storie dici: “Se potessimo vedere le nostre voci fuori campo, potremmo vivere in un mondo più sincero”. Voglio parlare francamente, questa frase mi ha colpito molto. È qualcosa che dici, come Engin, sulle maschere delle persone?

Questo riguarda la nostra vita sociale. Se potessimo vedere le voci fuori campo l’uno dell’altro, forse il mondo si trasformerebbe in un posto peggiore. In realtà, quando dico “le nostre voci fuori campo”, intendo qualcosa sull’affrontare la nostra stessa realtà, perché nella vita sociale e moderna dobbiamo inevitabilmente vivere con i filtri.

Questo ti stanca?

Anche se non stanca, è una delle cose che ci fa perdere il nostro bambino interiore, perché le due cose non si associano. Comunque è impossibile vivere senza un filtro, perché l’uomo non è così. Queste domande non hanno risposta definitive, non è solo quello che l’altra persona sta dicendo, ma il desiderio di vedere cosa ha in mente.

Il giorno del firmacopie, ho prestato attenzione: hai scritto cose belle e speciali a tutti accanto alla tua firma.

Ringrazio le persone che sono venute, ma avevo un tempo limitato. Se avessi avuto cinque o dieci ore o anche di più, avrei potuto scrivere qualcosa di personale a tutti. Invece è stato qualcosa del genere: ti vedo in quel momento, scambio una frase con te e scrivo qualcosa al riguardo.

È come se avessi scritto la ventiduesima storia con tutto quello che hai scritto alle persone che hai incontrato. Visto che stiamo parlando di tutto, devo parlare anche di questo: nella prima storia è scritto “Ero sul vassoio del ciliegio”. Quando l’ho letto per la prima volta, ho dubitato di me stesso, poi ho capito che c’era un errore. 

Sia l’editore che io abbiamo controllato molto. Mi dispiace per i lettori. Non importa quanto stiamo attenti, il cervello si abitua a quegli errori e non li vediamo più. Il nostro lavoro è come quello dell’editor.

(Per un refuso dattilografico è stato stampato Kiraz ağacının tepsindeydim – ero sul vassoio del ciliegio – invece di tepesindeydim – ero in cima.)

Ti ho visto in TV, hai usato termini relativi alla recitazione quando parlavi del libro, come visione (nel senso di proiezione).

Purtroppo succede, è l’abitudine. Inevitabilmente, chiamiamo la data di uscita del libro una visione.

Ad esempio, quando una storia è finita urli “Stop!” a casa?

Ahahaha sì, quando mando la storia all’editore per me è come se andasse al montaggio, dico “Amici, il montaggio è stato completato?”

(Genco ed Engin fanno riferimento al gergo cinematografico.)

Scrivi la storia, non ti senti molto a tuo agio, ma dici che si sistemerà con la pubblicazione?

Non funziona così, per me è diventato un momento molto prezioso.  Tanıl Yaşar di Doğan Kitap mi ha chiesto: “Come ti senti rispetto al libro, Engin?”. Ho risposto: “Mi sento davvero padrone di un’opera”. È molto prezioso vedere qualcosa che hai immaginato nella tua mente trasformato lì, in un libro. Produci qualcosa anche recitando, ma lì interpreti ciò che qualcuno ha scritto. Qui viene fuori il significato dell’opera che hai sognato e di cui sei l’autore.

Le persone fanno cose carine su di me e io volevo farne parte. Ecco perché è così prezioso che le entrate del libro vadano a Darüşşafaka.

In molte delle tue storie, ti opponi al fumo…

Non mi sono mai piaciute le sigarette e non ho mai voluto nemmeno che quelli intorno a me fumassero. Il senso di responsabilità dei bambini è molto sviluppato. Ho voluto scrivere di un bambino che cammina per chilometri con la responsabilità che si è preso. 

(Il riferimento è alla storia Un respiro nell’oscurità.)

Hai amato molto lo zio Ismet, uno dei personaggi, ma quante sigarette gli hai fatto fumare!

Ahahah non chiederlo… Ci sono persone che toccano la vita di tutti noi, non hanno studiato ma dicono cose o con la loro presenza ci fanno così bene che ci rendono umani. Quando ricordate il passato, una frase, un momento… Non potete dimenticarlo…

Veniamo alla storia Sfortuna. Pensi che fare un sacco di soldi o garantire la vita finanziariamente sia qualcosa che cambia le persone?

Non possiamo dirlo, cambia, ma il cambiamento non è sempre un male. In quella storia, ci sono soldi che non provengono dal lavoro. Sai come mi è venuta in mente questa storia? Un giorno stavo camminando in Bağdat Caddesi e ho incontrato un vecchio zio venditore di biglietti. Il suo viso era molto espressivo, segnato: il suo volto era una storia. Ho voluto raccontare quello: se lui non avesse vinto quel biglietto, sarebbe stato felice con Müjgan per il resto della sua vita. A volte ciò che viene chiamato realtà non è tanto reale ed è così pronto a svanire che aspetta solo una ragione.

La storia Incontriamoci nelle storie è reale? Tutti abbiamo pensato che lo fosse.

No, l’ho immaginata. Sarebbe molto preziosa se fosse reale. Volevo scrivere qualcosa sulle persone che la pensano allo stesso modo. Voglio scrivere di più a riguardo. Ad esempio, anche nel racconto dal titolo Ciao c’è questa situazione. Poter condividere qualcosa con qualcuno: questo può essere fatto con un racconto o per lettera ed è qualcosa che mi sembra molto potente. Nella vita ci tocchiamo senza conoscerci e ci influenziamo senza accorgercene. È la storia dell’incontro di persone che leggono lo stesso libro e sottolineano la stessa frase. È come quando le persone che hanno ascoltato lo stesso pezzo della stessa band più e più volte, si incontrano a un concerto.

Hai un lato così romantico? Non ce lo mostri mai.

Quei lati non si mostrano molto. Sono cose che scorrono dentro di noi stessi e risultano preziose quando accadono, ma quando le si spiega sono cose di difficile comprensione, non vale la pena perché diventano noiose. Nella struttura drammatica invece c’è questo: situazioni o eventi, creati da persone provenienti da punti diversi, che sono preziosi e creano conflitto. Preferisco questo: le cose che le persone condividono con lo stesso gusto sono tante, può sembrare noioso dopo un po’, ma queste persone condividono molto di più; l’altro diventa argomento di immaginazione poiché crea conflitto. Invece nella nostra stessa vita preferiamo stare con le persone che ci piacciono e che amano le nostre stesse cose.

Parliamo di Hasan il figlio di Ahmet?

In questa storia parlo di un ragazzo che vende fazzoletti, che ho incontrato. Questo non è il suo nome. Non lo vedevo da molto tempo. L’ho visto prima di scrivere questa storia, era cresciuto, era diventato grande. Qualcuno vende fazzoletti, qualcuno vende fiori, questi ragazzi vivono a Ümraniye e un tassista li preleva da lì. Tornano tutti a casa in taxi alle 3 di notte pagando 10 lire a testa. Questo posto è reale, quindi ho inventato una storia partendo da qui.

Devolvi le entrate del libro alla Società Darüşşafaka. Perché Darüşşafaka?

L’anno scorso si è tenuto un evento, sono state raccolte donazioni. Ci siamo anche andati un giorno; è un’ottima scuola e fanno un ottimo lavoro. Avendo apprezzato questo, ho voluto contribuire anche in questo modo. Le persone fanno cose carine al mio riguardo e io volevo farne parte. Ecco perché è così prezioso che le entrate del libro vadano a Darüşşafaka.

Sono d’accordo che sia molto prezioso, anche per questo mi congratulo con te. Avete usato delle immagini nel libro; le avevamo già usate nella rivista, avete deciso di usarle anche nel libro?

Non mi intendo di editoria e non so come illustrare un libro, ma non mi piace che mi si presentino immagini mentre leggo un libro, in modo tale che tutto possa essere lasciato alla mia immaginazione. Le immagini nel libro non sono disegni che rovineranno i nostri sogni, sono solo una descrizione della situazione. Sono linee molto semplici. Nalan Alaca stava illustrando le mie storie sulla rivista e stava disegnando così precisamente, stava catturando la storia da un punto di vista così corretto, che volevo che ci fosse anche nel libro. Secondo me è stato bello e ha anche aggiunto un’atmosfera dolce. Penso che faccia sentire meglio il lettore e stabilisca un rapporto diverso con il libro. Secondo me è stato molto bello definire la storia con un unico disegno. Mi ha fatto sentire bene.

Quanto ti sei divertito a scrivere Sono d’accordo è Sefa? Mentre la scrivevi, la pensavi come l’ultima storia del libro?

Sì, pensavo che il libro avesse bisogno di un racconto finale e volevo terminare con Sefa e le relazioni. In realtà stavo scrivendo qualcosa di molto più lungo. In questo libro mi sono ricordato di una delle mie maggiori preoccupazioni: che il lettore non si annoi e che non si stacchi dal libro. Sono d’accordo è Sefa è come il finale dell’uomo che vediamo in altre storie.

Quale di queste storie vorresti diventasse un film?

Secondo te?

Silenzio se lo pensiamo come un cortometraggio e Il ciliegio come un film. Storie simili sono state raccontate al cinema, ma sarebbe molto divertente guardare Il ciliegio. Che ne pensi?

Per esempio, Una notte mi dà una sensazione così. In un minuto e mezzo di film, la tua ex, seduta al tavolo di fronte, ti invita al suo matrimonio. Mi danno tutti la sensazione di poter essere la storia di un film. Un respiro nell’oscurità dà la sensazione che potrebbe essere un cortometraggio.

Se parlassimo de Il nostro pastore tedesco

Quel cane è reale, mi ha inseguito. Nel nostro quartiere l’edificio all’angolo è stato davvero demolito e lui vive lì. Abbaiava a tutti ma ora non più. L’ho fotografato, mi sono chiesto se lo avessimo usato nel libro e, in quel caso, non abbiamo voluto descriverlo troppo, ma è una storia vera.

Come si gioca a biglie? Io non sono capace.

Suggerisco a te e agli altri ragazzi di imparare a giocare. Quando giochi con le biglie, le dita si sviluppano separatamente. È molto importante colpire il bersaglio, rimanere in equilibrio e prendere bene la mira.

(Qui ci si riferisce ovviamente al racconto intitolato Biglie.)

Quindi, hai mai dovuto leggere e completare i libri delle vacanze?

Quei libri delle vacanze sono uno dei più grandi traumi della mia vita. Torniamo all’88, cosa farai in estate? Quello che puoi fare è molto limitato: ci sono i campi estivi, ci vai per 10-15 giorni, ma a parte questo, stai nel quartiere. Non ci sono computer, non ci sono telefoni, però ci sono i terreni liberi e sono molto preziosi. Perché giochi a palla? Perché c’è terra libera dove giocare. I libri delle vacanze ci davano troppo fastidio: domande come “Cosa hai fatto in vacanza in estate” erano le più noiose.

C’è qualcosa che ti disturba ne La vecchia zia? L’ingenuità e il cattivo uso delle buone intenzioni ti fanno arrabbiare molto?

Sono partito da qui: oggi, da qualche parte a Istanbul, un bambino crederebbe a questa zia?

Non ci crederà. 

Ecco, è per questo, che quei due credono e cercano di andare avanti. Cercano di andare avanti anche dopo che si sono resi conto di essere stati ingannati e si imbarazzano per la vergogna della zia. I bambini di oggi sono molto più intelligenti, credo che nessun bambino crederebbe a questa storia oggi. Sono molto più intelligenti, la loro realtà di vita è diversa da quella del nostro tempo.

Ecco cosa viene fuori. Crei e racconti realtà che oggi non esistono più.

È un po’ così.

Stai dicendo che scrivi eventi che non accadono spesso e che si alimentano di personaggi che oggi non possiamo incontrare?

In effetti, si scopre che colgo un momento nella vita. Cerco come posso spiegare questa sensazione. A volte non riesco proprio a sedermi e scrivere, a volte scrivo una storia in venti giorni, un mese, a volte in una notte.

Ma ti arrabbi con gli editori della rivista quando dicono “Dov’è la storia, dov’è la storia?”, come al tempo dei libri delle vacanze?

È stato raro per me ritardare i miei scritti fino ad ora. Che abbia un set o un altro lavoro, generalmente scrivo in tempo perché scrivo secondo quel programma. So quando devo consegnare e per due mesi la mia testa è costantemente impegnata con la storia.

Puoi dedicare del tempo quando stai girando una serie TV o un film?

Mi sono preso del tempo anche durante le riprese, posso farlo. Quando trovo quello da raccontare, quello che resta da fare è solo scrivere. Cosa scriverai, qual è l’argomento? Una volta trovati, sarà più facile scrivere. Certo, non è sempre come quello che ho in testa o, a volte, non ho potuto scrivere quello che avevo in testa. La scrittura è una cosa, scrivere è un’altra. Non sempre è possibile raccontare quella storia con il linguaggio e la realtà che ho cercato di costruire, perché va verso un altro punto, non funziona. In questo libro ho sempre raccontato le storie con il mio punto di vista.

Hai vissuto tante cose durante l’intervista con me oggi. Il libro è stato preparato, pubblicato, ha incontrato i lettori e c’è stato il giorno del firmacopie. Come ti senti oggi mentre ne parli con me?

Sono così abituato a parlare di recitazione e di  film/serie tv che è molto diverso e molto bello parlare di ciò che ho scritto. In realtà, la professione chiamata recitazione è nella letteratura. Mentre lavori su un personaggio, devi riempire i momenti che il pubblico non vede, devi scrivere il personaggio. Devi rendere quel personaggio tridimensionale. Ma qualsiasi cosa sia, stai dicendo qualcosa come attore in una disciplina diversa e vuoi rivendicare il diritto di avere voce in capitolo in quel campo. Non ho aspettative sul libro, volevo solo condividere qualcosa. Ma vendere e condividere mi incoraggerà e mi sosterrà di più come persona che ha problemi a scrivere. Grazie mille a chi ha comprato e letto il libro. C’è anche la parte di donazione, che mi mette molto a mio agio. Grazie mio caro Genco.

Sono io che ringrazio te, è stato molto piacevole per me.

Intervista di Genco Özak
tradotta da Silvia Musuruca 

9 risposte a “Engin Akyürek, Sessizlik : “Questi dilemmi mi spingono a scrivere””

  1. Leggere l’intervista mi ha fatto venire voglia di rileggere il libro, storie che, purtroppo, non ricordo più benissimo. In questa traduzione traspare tutta la sua umanità e attenzione verso il prossimo…ce lo fa amare sempre di più e questo solo grazie a te Silvia!
    P.S. però che gelosia per quelle che hanno avuto da LUI il libro con dedica!

  2. Grazie, Sil, per la traduzione di questa intervista, in occasione della quale Engin ha suscitato con composta e consapevole lievità così tanti interrogativi e così tante riflessioni… Ci sono in diversi passaggi pensieri così nitidamente scolpiti che riescono a incantare le sensazioni più evanescenti e preziose del vivere…
    Averci permesso di leggere questa intervista è uno splendido dono che ci hai fatto.
    Servirà il giusto tempo per assorbire tutti gli spunti che la costellano.
    E sempre più mi auguro profondamente che prima o poi sia resa disponibile una traduzione di questo scritto di Engin anche nella nostra lingua. Sono certa che farebbe felici moltissime persone. Sicuramente farebbe felice me.
    Ancora grazie!!!

    1. Ho imparato tardi che non bisogna mai smettere di sognare… Chissà… Nel frattempo io ringrazio te per le belle emozioni che mi trasmetti ogni volta che scrivi 💖

  3. Che grande uomo! Non finirà mai di stupirmi.In questa intervista ,che ancora una volta la traduzione di Silvia ci ha permesso di goderne , traspare la sua umanità , la sua empatia …….e tra la fantasia e realtà dei suoi racconti ci permette di conoscerlo sempre di più .

  4. L’avevo già letta, ma con la tua traduzione sono riuscita a cogliere dei passaggi che non mi erano chiari, quuindi grazie Silvia!
    E lui.. E vabbè…. È proprio una bella testa!!!

  5. Le frasi di questa intervista scorrono fluide, chiare e piacevoli. Questo grazie alla tua perfetta traduzione. Beh lui è sempre piacevole leggerlo, sia si tratti di un’intervista che di un suo racconto. Grazie Silvia.

  6. Ogni volta che leggo qualcosa su di lui, mi ricordo che persona meravigliosa e rara ho avuto il piacere di conoscere. E questo anche grazie a te Silvia

  7. Che bella intervista!!! Ci dice tanto di Engin e quello che riesco a percepire mi piace! È una persona fantastica, empatica e con una profonda umanità. Già la sua recitazione ci ha fatto conoscere tanto di lui. Ed i suoi scritti-come lui dice- sono una trasposizione su carta di altri personaggi che il suo acuto osservare l’umanità che ci circonda o la fantasia producono! Felice di conoscerti Engin! Un grazie a Silvia, che rende possibile tutto ciò!

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: