Engin Akyürek


Riflessioni sparse su alcune scene con Engin Akyürek: episodio 14 di Fatmagül’ün Suçu Ne?

Sei millisecondi. Ecco quanto tempo occorre per innamorarsi. Sei millisecondi. Come dimostrato dalle tecniche di brain imaging, bastano solo sei millisecondi per innamorarsi. Poi ne occorrono altri sei (millisecondi, sempre) per rendersi conto di ciò che sta accadendo e decidere, o meno, di lasciarsi travolgere dalle emozioni. Dodici millisecondi per rimanere “folgorati”, se non si è deciso di scappare. Perché ciò che accade nel cervello in quel lasso di tempo è secondo la scienza assimilabile alla paura, con l’organismo che manda segnali di allerta: attenzione possibile pericolo in vista!
Ma le reazioni provocate nel corpo dagli ormoni che si liberano, sono talmente piacevoli, la sensazione di ebbrezza, di eccitazione (le farfalle nello stomaco…) sono talmente intense, da non poterle lasciare andar via così facilmente.

Sei millisecondi, quindi.
E non è forse quello che è accaduto tra Kerim e Fatmagül sulle scale della villa Yaşaran? Uno scambio di sguardi e zac! Andati. Secondo la scienza, dunque, quell’incrocio di sguardi è riuscito ad attivare quel misterioso intreccio di processi sottocorticali, incontrollabili, imprevedibili.
Succede.
Accade.
Capita che una persona sconosciuta per un motivo qualsiasi, perché forse ci ricorda inconsciamente qualcosa di piacevole, inneschi una serie di reazioni nel nostro corpo.
Ci si innamora, dunque.
Ed è onesto ricordarlo, a proposito di Kerim e Fatmagül, come forma di rispetto per il sentimento che li legherà.
Certo, dopo l’innamoramento seguono altre fasi. E scegliere di rimanere, di alimentare quel sentimento, o non farlo, è appunto una scelta. Ma rimaniamo all’innamoramento.
I due, in fondo, non hanno avuto nemmeno il tempo di indagarsi per davvero, per capire quanto era successo su quelle scale. Kerim lo ha colto, Fatmagül, per ragioni etiche e di morale – lei era già fidanzata – scaccia ogni possibile pensiero. Lo supponiamo. Kerim ce lo fa capire. Lei no.
Poi, la violenza subìta come una deflagrazione riduce in brandelli l’esistenza di Fatmagül. E di Kerim. 
Ora, però, siamo ad un punto di snodo di tutta la vicenda. Kerim si scopre innamorato. Tanto da non essere riuscito ad andar via. Tanto da essere dovuto tornare, pur nella consapevolezza di non meritare di essere corrisposto. Ma non ha potuto fare diversamente.
Cosa succede quando ci si innamora lo spiega benissimo Kerim stesso, con un Engin Akyürek delicatissimo nell’esprimere cosa abbia spinto Kerim a non salire sull’aereo per il Belgio.
“Credo di amare quella ragazza”. Credo. Kerim crede, non ne è certo. E’ un sentimento nuovo, evidentemente, e prova a incedere con passi misurati sul terreno sconosciuto dell’amore.

Sono nel capanno, Meryem è su di giri perché non è andato via, si gasa all’idea di Kerim innamorato.
Lui si raccomanda: “Fai finta che non ti ho detto nulla”.
Meryem: “Glielo dirai?”.
La risposta di Kerim non può che essere secca: “No”.

Poi aggiunge: “Perché mi odia. E mi odierà per sempre. Ma non riesco a non pensare a lei”.

Ecco cosa è Kerim. Che meraviglioso uomo è. Sa di volerla con tutto sé stesso, al punto da non esser riuscito ad andar via. Ma non dirà nulla. Non pretenderà di essere amato da Fatmagül. Non imporrà la sua presenza, nonostante siano già sposati. Non la costringerà ad amarlo. La forza di questo personaggio sta proprio in questo suo sapersi mettere da parte, rimanere accanto, restare un passo indietro a Fatmagül. E lo farà in ogni circostanza nella quale Fatmagül potrà avere bisogno di lui.

Bellissimo il monologo con cui Kerim si apre alla sorella. Delicatissimo. Un misto di stupore e coinvolgimento, di tenerezza e rispetto, di consapevolezza e ingenuità. Engin Akyürek ci fa entrare in punta di piedi nella stanza interiore di Kerim, per farci sentire tutta l’intensità ma anche la delicatezza del suo modo di amare.Il suo è un esserci senza esserci. Un tornare senza essere mai partito. Un tornare per esserci, per essere presente nella vita di questa ragazza, ma senza alcuna imposizione. Un esserci paziente, aspettando, se verrà, il momento nel quale forse potrà dirle di amarla.
“Sai, i miei occhi la cercano sempre, ora uscirà da quella porta, la vedrò dalla finestra della cucina, ci incontreremo sulla porta. È così da settimane”.
Ecco cos’è l’amore spiegato da Kerim.
Questo sentimento universale, che tutti possono provare, comprendere, spiegare. Vivere.
Tutti, anche chi si è macchiato della colpa più terribile. È il sentimento che dunque diventa occasione di riscatto: personale, di coppia, sociale. È il volto più nobile di questo sentimento. Che dimostra – a te stesso, prima ancora che a qualcun altro – che qualcosa di buono dentro c’è ancora. C’è sempre stato. Dimostra che il tuo cuore non è un pezzo di terra arido.  A patto di saperlo ascoltare. Rispettare. Utilizzare come occasione per ripulirsi dal fango. Come opportunità di crescita. L’amore, quindi, che diventa occasione per analizzare con una lucidità ancora più tagliente la tua colpa, per essere il giudice severo e imparziale delle tue responsabilità.

Poi Kerim prosegue.

“L’altro giorno quando non la trovavamo, avevo così paura di non vederla più. Se n’è andata, si farà male, ho pensato. Quando l’ho trovata stava piangendo come una gazzella smarrita, avrei voluto abbracciarla, dirle dimentica tutto e abbracciarla, asciugarle quelle lacrime che pensavo fossero per colpa mia. Poi a casa ho appreso la ragione delle sue lacrime: Mustafa. Ti stava dicendo che c’era un’altra ragazza nella vita di Mustafa e piangeva. Quel giorno, ho pensato che sarebbe stato meglio andar via”.

L’amore come rinuncia. Eccola che torna ancora questa sfumatura che rende ancora più prezioso ciò che prova Kerim per Fatmagül. È meglio andar via. Non vederla più, lasciarle vivere la sua vita. Lasciarle amare chi ama. Che potrebbe sembrare apparentemente un segnale di debolezza, di rinuncia, ma che al contrario è un segnale di grande generosità e soprattutto di quanto sia intenso il sentimento che prova Kerim. La ama al punto da annullarsi completamente.

“Ama ancora Mustafa e odia me. E sarà sempre così. Ora come posso stare di fronte a lei e dirle ti amo? Ma non ho potuto andar via. Non potevo lasciarla”.
La doppia consapevolezza di Kerim: la certezza che Fatmagül non potrà mai amarlo, l’impossibilità di allontanarsi da lei. La sua condanna, insomma.

Meryem, dice una cosa molto bella a Kerim: “Il passo più difficile da fare era rimanere. Ora, dovrai avere pazienza, l’amore aggiusta sempre tutto”. Ha ragione la saggia Abla: rimanere è sempre più difficile e impegnativo. Significa ok, accetto queste condizioni, ma ci provo. Provo ad amarti. Non so ancora dove potrebbe portarci questo sentimento, ma non posso farne a meno. Rimango e sono pronto ad affrontare le conseguenze dell’amore. Che sono sempre imprevedibili. Perché l’amore si sa, spariglia sempre tutto.

Ed è quello che sperimenta Fatmagül, che ha ascoltato di nascosto la dichiarazione d’amore di Kerim.
Perché, come recita una celebre frase di un film davvero bello (vedetelo, se non lo avete fatto) “I timidi notano molte cose, ma sono molto bravi a non farsene accorgere…”. Così dice il personaggio dal nome frivolo – Titta – ma dalla vita grigia e noiosissima, interpretato da Toni Servillo nel film di Paolo Sorrentino “Le conseguenze dell’amore” (appunto…), un noir/sentimentale, un film triste, tristissimo, che racconta di quanto le relazioni siano sempre qualcosa di complicato. Perché hanno a che fare con il vissuto, non solo interiore, delle persone. E di come l’amore riesca a mettere in luce difficoltà, esitazioni, sfumature caratteriali, limiti dovuti al proprio trascorso, alle esperienze, ai ricordi, ai traumi.  Qualcosa accade nella vita del vecchio e grigio Titta, quando Sofia, la barista, una bellissima ragazza, si interessa a lui che però dimostra totale disinteresse, salvo appuntare sul proprio taccuino un “promemoria”: “Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’amore”. Titta dunque non è indifferente alle attenzioni di Sofia. Ma, come ci fa capire il film, ha paura dell’amore.

Una frase, insomma, che avrebbe potuto appuntare la stessa Fatmagül sul suo taccuino interiore. Fatmagül, come Titta, nasconde col suo comportamento esteriore la paura di avventurarsi su un terreno che avverte come pericoloso. Titta ha paura di non essere ricambiato. Fatmagül ha paura di tradire sé stessa.
Fatmagül, in fondo, è come se quella frase l’abbia scritta per davvero. Lo hanno scritto le sue guance, la sua espressione, il suo stupore, il sorriso leggerissimo, quasi impercettibile, che si legge sul viso per pochi millisecondi. Forse sei. Il tempo necessario per innamorarsi nuovamente di Kerim. I successivi sei secondi per decidere se scappare via o lasciarsi andare. Fatmagül scappa via. Alza un muro. Chiude a doppia mandata ogni varco possibile. Scalcia contro le briglie di quelle sensazioni che la ragione le dice di essere assolutamente incompatibili con il suo vissuto, la sua storia, il suo dolore.

Ma le parole di Kerim hanno comunque aperto uno squarcio sulla sua esistenza. Sulla sua condizione dolorosa, su quella vita destinata alla solitudine dei sentimenti. In fondo, quante volte ha già letto la lettera di Kerim? Quante volte si è lasciata toccare dalla profondità di quelle frasi? Quante volte si è lasciata avvolgere dalla comprensione, dalla complicità e dal rispetto che quelle parole le hanno consegnato, insieme al pacco di dolore di Kerim, che ha percepito come vero e sincero? Quante volte ha assaporato la possibilità di tornare libera? Quante volte ha letto e riletto quelle righe nel silenzio della sua voce?
Ora però è la voce di Kerim a dire con chiarezza di cosa si tratta: Kerim è innamorato di lei. Quella voce, le sue parole, quella dichiarazione d’amore rubata di nascosto, rappresentano uno spartiacque fra il prima e il dopo.

Ma una donna che ha subìto quello che ha subìto Fatmagül come può nuovamente amare? Come può nuovamente fidarsi? Come può abbandonarsi ad un altro uomo? Come può fidarsi proprio di Kerim? Come può varcare quel limite che rende così vulnerabili? Ancora non può.  

E allora “gioca d’anticipo”. Allontanando recalcitrante ogni tentativo di Kerim di tenderle una mano. Arrabbiandosi vistosamente, urlando, mentendogli sulla lettera, pretendendo a voce alta il divorzio, gridandogli in faccia che lui è un bugiardo. Non lasciandogli spazio perché Kerim possa dirle la ragione vera per cui non è più andato via. Alza un muro per proteggere il suo dolore, che merita rispetto. Sempre e comunque.
È l’altra scena che ho scelto per questo episodio.
Sono in casa. Kerim è appoggiato alla cucina, gli altri sono intenti a fare colazione, Fatmagül va e viene dalle stanze, è inquieta, il sangue le ribolle vistosamente dentro.
La goccia è sentire Kerim e Rahmi parlare amorevolmente, andranno in cerca di un laboratorio dove avviare una attività insieme. È troppo.
Lei va in cucina gli fa segno di seguirla fuori.
Iconico il modo in cui entrambi andranno nel giardino. Kerim da un lato, Fatmagül dall’altro.
In questo momento sono ancora così lontani, che non possono in alcun modo percorrere nemmeno un minuscolo tratto di strada insieme. Bello, ancora una volta, il modo in cui Engin Akyürek  marca la differenza di Kerim da Fatmagül: lei urla, lui parla con calma. Lei gli srotola addosso una valanga di frasi velenose. Lui dosa le parole. Lei gli vomita in faccia tutto l’astio possibile. Lui la asseconda. Lei lo offende, lo chiama bugiardo, gli dice che sta giocando, che ha inventato tutto. Kerim risponde misurando ogni singola parola. Lei si sfoga, lui incassa ogni singolo colpo. Kerim prova a rassicurarla, anche quando lei gli urla in faccia di aver strappato la lettera. Anche quando lei gli dice che vuole divorziare. Anche quando gli dice che la sua presenza è un incubo da cui vuole svegliarsi.

E qui, noi che guardiamo entriamo in crisi.
Da una parte non possiamo non solidarizzare con Fatmagül, dall’altra riusciamo a cogliere la sincerità di Kerim. Le nostre difese cominciano a vacillare, iniziano ad abbassarsi, ci stiamo preparando ad accogliere Kerim, con la sua sensibilità, la sua voglia di amare, il suo rispetto per Fatmagül, nella nostra vita.
Fino a questo punto della serie, abbiamo scandagliato ogni singola parola di Kerim, turbate da quello che era successo, incredule che possa aver partecipato a quell’orribile episodio, deluse per non aver provato a difenderla dalla violenza, ci siamo arrabbiate e lo abbiamo condannato. Giudicato. Eravamo forse anche incerte, inizialmente, sulla possibilità che questo personaggio potesse lasciare il segno. Ma nel corso di questi primi 14 episodi Kerim, anzi Engin Akyürek con la sua credibilissima recitazione pur muovendosi su un terreno insidiosissimo, ha saputo smantellare ogni nostra possibile resistenza. Diffidenza. Timore.
E noi ci siamo arrese al gioco dell’empatia, che ci ha permesso di conoscere il vero Kerim e di intuire il possibile orizzonte futuro. Anche noi abbiamo letto quella lettera e come Fatmagül non l’abbiamo strappata. Se potessimo, forse, chiameremmo Fatmagül per dirle “Aspetta! Dagli una possibilità”.
O forse no, ancora no.
Forse ci sembrerebbe ancora prematuro. Ci sembrerebbe di tradire Fatmagül. Ci sembrerebbe di non mostrare la dovuta, legittima, giusta solidarietà a questa ragazza, che diviene simbolo di tutte le donne violate.

Ci penserà Meryem, alter ego del pubblico femminile che guarda la serie. Grillo parlante della coscienza collettiva femminile, faro, amica, Abla sincera di Fatmagül e al tempo stesso madre e sorella profondamente innamorata di Kerim. Severa, inflessibile, giusta ma intensamente legata a questo figlio del caso.
“Dagli tempo”, le dirà poco dopo.  Al culmine dell’ennesimo litigio con la sua yenge, Meryem e Fatmagül sono seduta al bar. Fatmagül è determinatissima, vuole studiare, lavorare, vuole rimanere in piedi da sola.
“Brava ragazza!”, gridiamo noi da casa. Ci pensa Meryem a trasferirle questo sentimento collettivo.
E quando Fatmagül le chiederà: “Digli di stare lontano da noi, ho sopportato tutto questo solo perché sarebbe andato via”, Meryem le risponde che dovrebbe dargli un po’ di tempo: “Il fuoco che brucia te sta bruciando anche lui. Anche lui si sta costruendo una vita, si è lasciato tutto alle spalle, siamo tutti sparsi come foglie al vento. Dagli il tempo di riprendersi. Dopo potrete parlare e gli dirai di andarsene. Kerim non rimarrà qui contro la tua volontà, non è quel tipo d’uomo”.
Meryem lo sa che Kerim non lo farebbe mai. Noi stiamo cominciando a intuirlo. Fatmagül lo capirà pian piano. Ha bisogno di tempo. Ha bisogno di qualcosa che abbassi le sue difese, che le faccia capire di potersi fidare di quest’uomo, che le faccia percepire l’eccezionalità di Kerim in mezzo a una giungla di uomini egoisti. Ha bisogno di capire che amare Kerim non significherà tradire ste stessa. Fatmagül ha bisogno di poterlo guardare con occhi diversi, pur sempre “da lontano”, pur sempre schermata dal muro che ha alzato per difendersi da un mondo ostile. Fatmagül comincerà a leggere i primi segnali, a decodificare il comportamento di Kerim. E a leggersi meglio dentro.
Quella lettera e la dichiarazione d’amore rubata, hanno segnato la svolta.
Nulla sarà come prima. Ma la strada è ancora lunga e dolorosa.

Già in questo episodio, però, succede qualcosa. Di impalpabile. Ma succede.

Enise è sparita, non risponde più al telefono. Emre chiede aiuto a Fatmagül. La chiama, si beve la storia della zia che vuol farla sposare contro la sua volontà. Fatmagül si immedesima e chiede a Emre di salvarla. Ma Emre in fondo l’ha appena conosciuta, come fa a lanciarsi in una cosa così grande e lottare per una sconosciuta?

“Quello che dici non succede nemmeno nei film. Un uomo non può assumersi una responsabilità così grande per una donna che non conosce nemmeno. Non è così facile. Non posso sacrificare la mia vita per salvare quella di qualcun altro”, queste le parole di Emre, che hanno l’effetto di una picconata silenziosa sulla muraglia interiore di Fatmagül.
In fondo, non è forse quello che ha fatto Kerim?

Alla prossima:)

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Ros

Giornalista freelance, ghostwriter, content editor, sommelier, mi occupo di uffici stampa e comunicazione. Scrivo, leggo, ascolto musica, divoro film e serie tv. Soprattutto turche. Soprattutto con Engin Akyürek. Il mio sogno? Intervistarlo

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