La convivenza, dunque non sarà facile.
Una convivenza resa ancora più insopportabile dalla presenza di un’invadente, odiosa e senza tatto Mukkades. L’insofferenza di Kerim nei suoi confronti è da subito palpabile. Ma anche la difficoltà di entrambi, Kerim e Fatmagül, di adattarsi al non conosciuto, che per una coppia normale, in cui ci si è scelti, rappresenta la curiosità, l’entusiasmo, il desiderio di conoscersi reciprocamente sempre di più. Kerim e Fatmagul, invece, si sono ritrovati catapultati in una relazione finta, fittizia, falsa e aggravata dall’odio (di lei).
Paradossalmente, però, sarà proprio la convivenza forzata, il vedersi tutti i giorni, la quotidianità dei gesti, le circostanze ordinarie, a offrire a entrambi la opportunità di scoprirsi. E Kerim piano piano potrà, anche inconsapevolmente, darsi modo di rivelare la sua vera identità. Certo, perchè Fatmagül possa riconsiderare l’idea che si è fatta di lui c’è bisogno di tempo e di accadimenti. C’è bisogno, soprattutto, che il cambiamento sia lentissimo, graduale, quasi impercettibile, per consentire a sè stessa di accettarlo.
Nietzsche diceva, appunto, che “Sono le parole più silenziose, quelle che portano la tempesta. Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo.”…..E Kerim/Engin in questo è magistrale.
La prima occasione è dolorosa. Per Kerim. Quando apprende della morte del suo usta. Uno spettacolo ammirare la sua reazione, composta, ma dolorosissima. Delicata. Intima.
Vi lascio una serie di piccole sequenze, semplicemente da ammirare. Anche qui Engin Akyürek con la forza espressiva della sua recitazione credibile, reale, vera, ci fa sentire il dolore di Kerim. E possiamo, forse, immaginare che un minuscolo granello di quello che proviamo noi lo stia provando anche Fatmagül, che lo osserva da lontano.
Quando piange Engin Akyürek riesce a tocca le corde più intime….
La convivenza avverrà in una casa potenzialmente idilliaca: il giardino, il torrente, le barchette……ma al momento è poco più di un rudere. Ma per Kerim, che in realtà dormirà nel capanno, va bene, la renderà vivibile, aggungendo subito dopo: “poi sarete liberi di fare quello che volete”.
E’ chiaro, dunque, che ha maturato l’idea di andare via. Di fuggire. Lontano.
Proprio quella casa, proprio perchè necessita di lavori, proprio perchè ha bisogno di essere rimessa in sesto, acquista una forte valenza simbolica. Diventa metafora di un lungo lavoro che entrambi si accingeranno a fare. Kerim la riparerà, la renderà dignitosa, poi spetterà a chi ci vive – lui compreso – renderla una vera casa. Sarà un lavoro che per entrambi, Kerim e Fatmagül, significherà provare a non annegare nel dolore, a non rimanere sommersi da quella lava bollente che raggiunge l’anima lasciando il deserto intorno. Perchè, in fondo, i terreni vulcanici sono i più fertili…..poichè ciò che rimane è nutrimento reale per la terra, ed è dunque capace di dare nuova vita. Ed è quello che può nascere dal dolore che il destino ti ha portato a vivere, dal dolore forte, fortissimo, che ti annienta e ti fa pensare che sei spacciato, per sempre.
Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci. (Hermann Hesse)
L’arrivo di Meryem a Istanbul non è il conforto che Kerim, forse, sperava. Meryem non perde occasione per investigare, chiedere, provare a capire lo strano comportamento di Kerim. Lei non crede che Kerim sia colpevole.
Ma Kerim è un muro. Impenetrabile. Tace.
Gli dice: “Posso combattere per te, contro tutti, se hai paura”.
Ma Kerim risponde di non aver paura, aggiungendo: “A quella ragazza ho fatto un grande danno, non mi perdonerò mai”.
Senza appello il commento di Meryem: “Non dovresti perdonarti. Fatmagül non ti perdonerà. Io non ti perdonerò”.
Sono su due sponde diverse, impossibile al momento per i due avvicinarsi, comprendersi. E quando Kerim le confessa che è sua intenzione andar via, Meryem da sorella maggiore gli dice: “Non dovresti andar via, hai un debito con quella ragazza. Vedrò con miei occhi che ti prenderai cura di lei, che ti assumerai le tue responabilità. Vivrò per vedere questo”.
A chi è smarrito, d’altronde, serve una guida, anche severa se occorre, che indichi la strada, che faccia luce nei meandri bui della coscienza.
E questo, però, accresce la distanza fra i due.
Potentissima, infine, la scena in cui Fatmagül urla a Kerim di non toccare la cassa che custodisce la sua dote. Quella destinata al matrimonio con Mustafa. Quello scricciolo di ragazza è capace di urlare forte, soprendendo tutti, in primis Kerim, che appare smarrito, ma rispettoso.
Tace, la guarda in silenzio. Un muro sempre più alto li separa.
Gustatevi il viso di Engin/Kerim ❤️️
Alla prossima 😊
Ros
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[…] Engin Akyürek e il dolore, Kerim e le scene clou/7 […]
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Grazie Ros sempre più preziose le tue analisi , poi vedere le scene clou ti fa capire di più cosa devono sopportare tutti e due Kerim che non si perdona e Fatmagul che non riesce a perdonare odia con tutta la sua forza sono come due foglie al vento. Alla prossima
Mi piace molto “come due foglie al vento” 😘
Che belle riflessioni che fai mi fanno soffermare su alcuni particolari che ho sorvolato forse non facendo attenzione ai particolari. Hai scritto di Meryem che è una guida ma severa che indicherà la strada e penetrera’nei meandri bui della coscienza di Kerim. Verissimo tutto questo, infatti sarà proprio così
😉😊
😊😉
La condanna di Kerim sarà quella di avere costantemente Fatmagul davanti agli occhi, a ricordargli ogni giorno il suo reato prolungando questa pena insopportabile. Subirà questo Kerim, sopportando responsabilmente, con la cenere sul capo , quegli scatti d’ira e quei modi sgarbati e sbrigativi dettati da un’urticante insofferenza.
Il trascorrere dei giorni che passano a fatica, quasi a rallenty , con tempi sapientemente dilatati, sarà come la tortura della goccia cinese, che scava nelle carni, giorno dopo giorno, arrivando dolorosamente all’osso. L’espiazione della colpa di Kerim , richiede questo sacrificio: arrivare all’osso, accettando con tutti i drammatici risvolti, questa convivenza forzata tra vittima e carnefice.
Alla prossima Ros 🥰
Grazie Ale per il tuo bellissimo commento. Alla prossima 🙂
Grazie Ros!!! Fatmagul mi sta appassionando tanto
Ne ero certa 😉
Grazie Ros, come sempre la tua analisi è molto emozionante e minuziosa, a.ma mi sta venendo voglia di rivedere anche le prime puntate che, come ti avevo detto, le ho saltate perché Engin mi aveva portato talmente vicino a Kerim che ho, quasi da subito, provato una forte empatia con lui, sentendo sulla mia pelle la sua tristezza, il suo dolore. Uffia!! So già che mi aspetteranno momenti di pianti e mal di stomaco!
Ornella, però dopo la seconda parte sarà ancora più bella 😉
Che belle queste sequenze che ancora una volta confermano che a Engin Akyürek ,e non di meno anche a Beren Saat, servono poche parole per trasmetterci lo stato d’ animo di Kerim e Fatmagül , questa è forse la serie per eccellenza dei silenzi che fanno più rumore delle parole, le occhiate di Fatmagül pensavo fossero dovute a carpire ciò che diceva a telefono ma continuerà a guardarlo anche dopo.Alla prossima 😘
😉
Grazie Ros, queste tue recensioni inquadrano con sensibilità e garbo le scene più toccanti e struggenti di questa serie indimenticabile in cui Engin si è speso come non mai. Le ripercorrerero ‘ ancora una volta, grazie a te, non voglio perdermi certi passaggi da te sottolineati con tanta passione!
😘