Engin Akyürek alza il tiro e nel secondo episodio di Adım Farah ci regala un Tahir da capogiro. Carismatico, sexy, intrigante, perspicace, ironico, con una velatura di dolcezza che affiora sul suo (bellissimo) viso nelle scene con il piccolo Kerim, questo bambino dolcissimo che ha rubato il cuore a tutte noi.
Kerim è la leva che riuscirà a scardinare gli ingranaggi arrugginiti del cuore di Thair, è la nemesi del grande bambino cresciuto troppo in fretta che vede in quell’esserino vestito da astronauta ciò che lui probabilmente non è stato, ciò che avrebbe voluto essere. E che forse desidererebbe ancora essere.
Tutti i personaggi di questa serie hanno una storia alle spalle che ancora non conosciamo, che verrà a galla mano a mano che la serie avanzerà. Di Tahir sappiamo che è rimasto orfano da piccolo, cresciuto da uno zio che lui stesso ha ucciso per porre fine alle torture ricevute al posto delle carezze. Una storia terribile che però, da quel che vediamo dalle dinamiche di relazione con Kerim, non ha prodotto come risultato una persona completamente anaffettiva, incapace di provare emozioni positive e soprattutto di dimostrarle quando le sue difese sono abbassate. Ed è proprio Kerim che riesce nel miracolo di far abbassare la guardia a Tahir, a questo gigantesco uomo dinoccolato e dallo sguardo bieco, chiamato dalla vita al ruolo di cattivo e in quanto tale ad essere diffidente con chiunque.
Lo abbiamo visto in questo episodio intenerirsi al racconto del sogno dell’acquario fatto dal piccolo che si “tradisce” poi rivelando il gioco segreto del coraggio inventato da Farah per farlo salire in auto, strappando delicati sorrisi di tenerezza a Tahir.
La scena poi si sposterà in cucina, dove Thair, intento a cucinare con abilità da chef nell’armeggiare con il coltello, è incalzato dalle domande innocenti e involontariamente pungenti di questo adorabile bambino che ama parlare almeno quanto Tahir è di poche parole: “Ma fai troppe domande!”, gli dirà infatti.
“Che significa secondo te il mio sogno?”, gli chiede Kerim riferendosi al sogno dove lui era in un acquario da cui non riusciva ad uscire.
“Non penso ai sogni”, la risposta lapidaria di Tahir
“Perché? Non puoi sognare tu?”, replica candidamente il piccolo, provocando un’onda d’urto interiore in Thair paragonabile a quella provocata da uno tsunami.
“Non sogno”, ancora più tranchant Tahir.
Rincarando la dose di candore, Kerim insiste: “Quando si dorme, si sogna sempre. Sei sveglio perché hai paura degli incubi?”.
E poi, come se non bastassero i sommovimenti interiori – inconsapevolmente- provocati al grande abi davanti a lui, chiede: “Dov’è tua madre?”.
Silenzio. “Dove non la vedo” è la risposta di Tahir.
Kerim insiste con un ragionamento che avrebbe sciolto anche le distese ghiacciate dell’Alaska: “Perché? Non ha un telefono? La mia mamma può videochiamarmi, fallo anche tu”.
Poi il gioco della complicità fra i due, il segreto che dovrà custodire Tahir, “Non dire alla mamma che ti ho detto del gioco del coraggio”. Il viso di Tahir è puro spettacolo: delicate pennellate di dolcezza e curiosità accendono il suo viso (con quella abilità che conosciamo di Engin).
“Non hai paura di me?”
“No” la risposta di Kerim
L’unica persona a non avere paura di Tahir è lì di fronte a lui, è alto appena un metro e qualcosa ed è vestito da astronauta!
Poi la scena che stringe il cuore: Tahir si è arrabbiato e caccia via Kerim bruscamente, salvo pentirsi un secondo dopo, alla sola vista dell’espressione del viso del bimbo. E qui esce fuori quel lato di Tahir che abbiamo già intravisto: si dispiace, prova a recuperare, lo chiama, gli parla del calcio, gli chiede se preferisce Messi o Ronaldo, gli dice che ha vinto il premio perché non ha avuto paura di lui.
Kerim gli prende la mano.
Quando la mano di un bambino stringe quella di un adulto il mondo si può anche fermare, tutto passa in secondo piano. Il gesto di stringere la mano di un bambino ha un significato emotivo profondo: è qualcosa che dà forza per entrambi, la forza nel sentirsi al sicuro per il bambino, la forza di sapere che stai proteggendo qualcuno che ne ha bisogno per l’adulto. È la connessione che permette alle emozioni di trasferirsi da un corpo all’altro, in una sorta di osmosi tra cuori; è qualcosa di simbolico e reale al tempo stesso. Gli sguardi che si scambiano Kerim e Tahir sono rivelatori delle reciproche emozioni: gioia e speranza in quegli occhioni grandi che sbucano dal casco da astronauta, mentre quelli di Thair sembrano dire: “Questo è un problema…”, conscio che qualcosa in lui sta accadendo.
Se il grimaldello del piccolo Kerim sono la sua dolcezza e la sua innocenza, la leva di Farah che forse scuoterà la coscienza di Tahir è la schiettezza, la crudezza, la franchezza. Tahir, si percepisce, è affascinato da Farah: una donna forte, abituata a lottare, a combattere, a fuggire, a non fermarsi davanti agli ostacoli, dannatamente innamorata del figlio e dannatamene disposta a proteggerlo e salvarlo. Non più solo dalla malattia, adesso, ma anche dagli eventi a cui il destino l’ha condotta.
Farah non ha paura di parlare, di dire ciò che pensa anche dinanzi all’incarnazione del male.
“Cosa vedi quando mi guardi?”, le chiederà Tahir.
“Una bestia”, gli risponde lei.
Farah sembra essere destinata a dover essere la voce della coscienza di Tahir, ad essere il suo grillo parlante, senza ricorrere però ai mezzi termini: “Sei un tiranno! Usi la tua forza sugli impotenti! Sei un assassino!”
Forte, fortissima, come solo una mamma che soffre per il proprio figlio può fare, gli urla in faccia la disperazione della madre di Alp: “una donna che grida per strada il suo dolore!”
Poi l’affondo: “Non ti ha forse partorito una donna?”.
Trovo il personaggio di Farah a cui dà vita Demet Özdemir molto interessante, per questo suo carattere ribelle, per questo suo non arrendersi: è una donna che vive costantemente la dimensione della paura, già per il solo fatto di essere un’immigrata clandestina, ma non si fa schiacciare da questo sentimento, anzi sembra trovare in esso la forza per inseguire disperatamente il sogno di guarire suo figlio.
Un sogno che sembrerebbe ora più vicino, ad occuparsi di tutto sarà Ali Galip. Che però ha ordinato: la donna deve morire. Azione e ritmo condiscono Adım Farah, valorizzati da una sapiente colonna sonora: fantastica la musica incalzante che accompagna i momenti clou, con quei sospiri di sottofondo che creano un piacevole stato di agitazione. E, come nella migliore tradizione dei polizieschi, la storia si sviluppa sul filo dell’equivoco trascinandoci nello stato d’animo perfetto: cosa succederà nel prossimo episodio? Come gli sceneggiatori sbroglieranno la matassa intricata che è stata prodotta?
Come farà Tahir a non uccidere Farah?
Ros la tua ammirazione per Engin traspare da quanta passione ci metti nella tua recensione. Sono proprio parole che ti vengono dal cuore con una dolcezza che mi fa sempre commuovere. È una perfetta descrizione circostanziata di tutto quello che vedono i miei occhi e sente il mio cuore. La differenza enorme è che io non so metterle per iscritto. Tahir, Farah, Kerim sono personaggi chiave di tutta la storia e spero che ci diano sempre grandi emozioni come nelle prime due puntate.
Cosi commuovi me però….grazie Simona. Sono felice che traspaia la mia ammirazione, è il mio modo per esprimerla e mi fa piacere che voi apprezziate 🙂
Una recensione accurata e appassionata la tua, cara Ros, che ha inquadrato nella giusta maniera tutti i personaggi che animano questa storia che già ci affascina. Ancora una volta Engin ci incantata e sorprende nella sua interpretazione di Tahir. Le tante sfaccettature delle sue espressioni quando posano gli occhi su Kerim, (bravissimo a dir poco l’attore bambino che lo interpreta) fanno parlare il suo cuore. Demet poi, si dimostra un attrice eccezionale nell’interpretazione del suo ruolo di madre coraggio. Grazie per averci fatto sognare ancora una volta questa sera!
grazie a te Bruna, abbiamo un per percorso davanti a noi, insieme a Engin e al suo nuovo personaggio 🙂
Ros descrivi sempre bene tutte le sfumature dei
personaggi della storia , la dolcezza di kerimsha la forza che una madre deve avere per difendere suo figlio e lei stessa eTahir che rimane tra la dolcezza di
un bambino e la durezza di un mafioso brava . Grazie di queste letture che ci regali
Grazie Tina, è un piacere fare insieme a voi questo nuovo pezzo di strada con Engin 🙂
Ross in quest’ articolo bellissimo come sempre sei riuscita a cogliere ogni minima sfumatura dei personaggi di Adım Farah ,dal piccolo Kerim che con la sua innocenza, la sua dolcezza, ci ha fatto intravedere il lato umano di Thair ,dalla forza di una madre disperata come Farah che lotta con ogni mezzo per suo figlio ed infine da un uomo come Thair che in fondo non è come appare e pian piano il suo lato buono verrà fuori certamente causandogli non pochi e seri problemi Penso che Engin ancora una volta ci sta regalando un personaggio che non potremo dimenticare Amo già questa serie♥️🙏
anch’io da impazzire Marika 🙂
Grazie Ros. Perfetta come sempre. In due ore di puntata io sono rimasta ancora una volta colpita e affondata da Engin nella scena con Kerim. Quando il bimbo gli prende la mano il viso gli si trasforma e i suoi meravigliosi occhi parlano. Sto trovando solo dopo due puntate un Engin straordinario. Ho ancora perplessità sulla storia ma puntata dopo puntata spero di ricredermi.