Sesto episodio di Adım Farah con colpi discena, emozioni e la grande recitazione di Engin Akyürek
Questa volta comincio dalla fine. Un concentrato di azione, tensione e colpi di scena abilmente condito con le note del Requiem in D minore di Mozart che hanno ingigantito la potenza emotiva di quanto è accaduto sul finale del 6 episodio di Adım Farah.
Una composizione monumentale avvolta dal mistero – per la morte di Mozart e per l’anonimo committente del Requiem, lasciato incompiuto dall’autore – per una conclusione altrettanto avvolta dal mistero: Bekir è morto? E chi ha consegnato la pistola al commissario Mehmet?
Provo a dare delle ipotesi personalissime: Bekir credo non sia morto, per il semplice fatto che non può uscire di scena subito il personaggio in competizione con Tahir e su cui aleggia, almeno per la sottoscritta, il dubbio di essere il traditore della famiglia Akıncı. Lo abbiamo percepito al suo ingresso nella serie, la conferma arriva nel sesto episodio con le parole che Bekir usa per parlare del cugino: “Il piccolo principe, vorrei vedere la faccia di mio zio e di mia zia.”
Un sentimento di invidia scorre nelle vene di questo Akıncı, perfido sì ma lontano anni luce dalle capacità e dall’intelligenza di Tahir e lontano dall’affetto che può nutrire per lui lo zio AGA. L’invidia dunque per ciò che non può avere – le doti di Tahir e l’affetto dello zio – così come la gelosia, è una biscia che si insinua in ogni pensiero fino ad avviluppare completamente testa e cuore. Non mi sorprenderebbe scoprire Bekir dietro ai guai della famiglia Akıncı.
La pistola. Abbiamo visto Mehmet e Tahir duellare tra gli scaffali polverosi della centrale di polizia dopo l’arresto di Kaan: non riescono a fare altro se non azzuffarsi questi due personaggi così diversi ma legati per ragioni diverse alla stessa persona, Farah. Mehmet addirittura arriva a fare una proposta a Tahir per proteggere la donna: se ci sono delle prove non serve che Farah testimoni. Una via di salvezza, un’occasione, un’opportunità che Tahir non si lascia sfuggire. Ha due ore di tempo per fare tutto: procurare la pistola e correre a salvare Farah. D’altronde nel primo episodio si vede chiaramente che l’ultima persona ad avere nelle mani la pistola di Kaan è proprio Tahir. Quindi potrebbe essere verosimile che Tahir abbia procurato la pistola a Mehmet con cui incriminare Kaan e soprattutto liberare Farah dall’obbligo di testimoniare. E come il committente misterioso del requiem mozartiano è rimasto anonimo per tanto tempo, anche Tahir rimarrà probabilmente anonimo. Ora più che mai però è del tutto evidente che sarà guerra fra Tahir e AGA. Una guerra fredda nella quale Tahir dovrà tenere le antenne rizzate per scorgere il pericolo, come un animale nella giungla.
La pistola ci riporta al primo episodio. La scena dell’omicidio continua ad aleggiare nella mia testa con una sensazione di incompiuto, che la sceneggiatura probabilmente ha volutamente posto in un secondo piano narrativo per consentirci di conoscere meglio i personaggi e parte delle loro storie personali. Ma a mio avviso occorre tornare lì. Ci sono molti aspetti rimasti incompiuti, appunto, che probabilmente torneranno al loro posto nel corso della narrazione.
1)Il bigliettino che scova Farah, con la enigmatica scritta “agnello bianco e agnello nero”: a cosa e a chi alludono queste parole? 2)Alp prima di esalare l’ultimo respiro chiede aiuto a Tahir che è chino vicino al suo corpo e lo chiama “Abi”: un titolo riservato ai fratelli maggiori consanguinei o alle persone più grandi (ma non troppo) con cui si è in confidenza. Se non si conoscessero affatto Alp e Tahir, lo avrebbe chiamato comunque Abi? Secondo me no. Infatti, poi nello scorrere della storia abbiamo capito in un brevissimo passaggio, su cui la sceneggiatura non è più tornata, che Tahir (e anche Aga) era a conoscenza che Alp fosse un poliziotto.
Dunque, si conoscevano. Come mai? Tesi corroborata dalle parole altrettanto enigmatiche che Tahir urlerà in faccia a Mehmet in centrale, dicendo: “Anche noi gli volevamo bene. Io mi sono occupato di questo ragazzo, tu non sei stato in grado di farlo. Per colpa della tua ambizione ce l’hai servito su un piatto d’argento e hai scommesso sulla sua vita. Se c’è qualcuno da incolpare guardati allo specchio”.
Infine, un ultimo dettaglio: quando Tahir arriva sulla scena Kaan in panico dice di non aver premuto il grilletto. Non è stato dunque lui? E chi è stato? Mentre scrivo è stato pubblicato il primo trailer del 7° episodio da cui capiamo che Kaan viene rilasciato: probabilmente il proiettile nel petto del giovane Alp non appartiene alla pistola su cui ci sono le impronte di Kaan? Se fosse così, dunque, abbiamo la prova che ad uccidere Alp è stato qualcun altro. Ma chi? Rimane il mistero.
Ovviamente scopriremo se queste mie congetture saranno vere o meno.
Tornando alla parte finale del 6° episodio, a rendere la scena fortemente drammatica e intensa sono le parole di Farah: “Ho ucciso, un’altra volta”. Capiamo dunque il motivo per cui Farah non può tornare in Iran né può essere rintracciata da chi la sta cercando. Ce lo aveva fatto intuire lungo tutto l’episodio e con le parole che chiudono il bölüm ci dà la conferma di aver compiuto il reato gravissimo che in Iran è punito con la pena di morte (Tornare in Iran sarebbe un suicidio, aveva detto a Tahir).
Tahir e Farah insomma hanno più di qualcosa in comune, ecco svelato il senso del bellissimo titolo del 5° episodio, il detto iraniano che Farah pronuncia a Tahir quando la salva dal pullman che sta per riconsegnarla al suo Paese: “Ogni uccello vola verso la sua specie”, i simili si riconoscono, insomma.
Tahir e Farah non sono solo i due caproni testardi che si ostinano a litigare, come i protagonisti della canzone che Tahir canta a Kerim, sono soprattutto due uccelli che sono stati strappati dai loro nidi da un destino che li ha indotti a uccidere, due anime costrette a misurarsi con la precarietà degli affetti e della vita stessa, con la dimensione della fuga in senso letterale e metaforico come rifugio dalle insidie dell’esistenza. Entrambi salvati dallo stesso bambino, Kerim. Che obbliga entrambi a fare i conti con i disegni delle rispettive vite, che obbliga entrambi a fermarsi per indagare meglio sé stessi, che obbliga entrambi ad amare e a misurarsi con la generosità degli affetti che comporta la genitorialità. Per Farah la genitorialità naturale, per Tahir quella adottiva: “Lascia che sia il padre di Kerim”, dirà nel 7° episodio come abbiamo visto nel trailer. In realtà Kerim è l’occasione per entrambi di assaporare le meraviglie dell’amare ed essere amati, di pregustare la sensazione di protezione di una persona che rischia per te, di scoprirsi improvvisamente capaci di sorridere, di sentirsi appagati nel prendersi cura dell’altro.
Mi piace molto il modo in cui Tahir e Farah hanno iniziato a procedere l’uno verso l’altro, percorrendo la stessa strada con piccoli importanti passi, sostenuti sempre dalla capacità di parlare. Il dialogo come occasione per disvelarsi e comprendere, se stessi e l’altro. Anche quando litigano – eccome se litigano! – la sensazione che si ha nel guardarli è che riescono sempre ad andare oltre il muro di parole mai messe lì per caso, a trasformare quel muro stesso in membrana osmotica attraverso la quale far passare qualcosa di importante di sé per darlo all’altro. Con cautela, ancora, perché aprirsi ad un’altra persona può essere più pericoloso di una pistola puntata contro. Ma è l’unico modo che si ha per capire e capirsi. Ed è paradossalmente il piccolo Kerim a suggerirlo a Tahir, quando gli racconta la fiaba del principe nero: “Perché il principe nero non parla con chi lo ha tradito?”.
La tavola in questo sesto episodio diventa il proscenio su cui il grande attore che è Engin Akyürek dà ancora una volta prova della sua grande recitazione. A inizio episodio Tahir e Farah sono seduti al grande tavolo da pranzo della bellissima casa di Tahir. Lui ha avuto la conferma dei suoi dubbi: Farah gli ha mentito. È arrabbiato ma deve sentirlo da lei, deve sapere da lei cosa si sono detti lei e il commissario Mehmet, cosa cerca il commissario.
Tahir, abbiamo visto, è abile nel comprendere la psicologia di chi ha di fronte e dunque nell’adeguare il suo comportamento per arrivare all’obiettivo. Ma questa volta è un altro Tahir: non si comporta come con Yasemine in auto. Qui è sinceramente interessato a capire Farah, la sua vita, il suo lavoro, il motivo per cui ha lasciato il suo paese. La sincerità si percepisce nel modo in cui la guarda e nelle domande che sceglie di porle, anche il complimento che le fa sul vestito che indossa è sincero, non è strumentale ad ammansirla per poi affondare il colpo di grazia. Tahir in fondo avrebbe potuto affrontarla subito e chiederle a muso duro di cosa hanno parlato, evidentemente però con questa donna sente di doverci andare piano, sente la necessità della cautela per non turbarla, è il suo senso di protezione che soverchia qualunque altro sentimento o necessità, come quella di sapere cosa sta tramando Farah.
Ma è Farah ad alzare il muro, quando Tahir le chiede della sua fuga dall’Iran: “E’ una lunga storia” e davanti a questo – ennesimo – muro di Farah, Tahir cambia repentinamente registro di voce e sguardo. Ironicamente cattivo, “parliamo, abbiamo tanto tempo”, con un sorriso beffardo che lascia presagire una possibile tempesta, sensazioni amplificate dalla musica, come sempre azzeccatissima. È Kerim ancora una volta a salvare Farah.
La battaglia è solo rimandata: Tahir si pulisce la bocca con il fazzoletto trasformando il sorriso evidentemente esagerato di un attimo prima in una espressione cupa e tesa nell’attimo dopo.
Ma Tahir non è solo teso, è anche visibilmente preoccupato.
La battaglia avverrà dopo, dopo l’invito appunto di Kerim a parlare con Farah.
“Pensa anche tu ad una storia, come fa la mamma”, chiede il piccolo a Tahir. E se Farah gli aveva raccontato la storia del piccolo principe che non uccide la bella gazzella facendo arrabbiare il padre, che lo rinchiude in prigione, Tahir decide di raccontare la favola del principe nero dal cuore spezzato.
“Nero perché tutti avevano paura di lui, nessuno lo amava, nessuno gli chiedeva cosa gli fosse successo”.
“Ma era buono veramente?”
“Il principe voleva fare del bene, ma nessuno credeva che avrebbe potuto fare del bene”
“Che fine ha fatto il principe nero?”
“Gli hanno spezzato il cuore”
“È stato ingannato con la gentilezza?”
“Proprio così”
“Perché ha fatto del bene?”
Tahir però non riesce più a proseguire ed è qui che Kerim gli “suggerisce” che il principe nero dovrebbe parlare con il suo traditore. Ah la saggezza di questo bambino!
Tahir va da Farah, entrambi mettono in scena un litigio lacerante. Tahir è diretto questa volta, le dice chiaramente che lei lo ha tradito. È arrabbiato, ferito, è dolorosamente messo alla prova da Farah. Farah si apre, prova a spiegare, ma Tahir si arrabbia ancora di più.
Lei ci prova a spiegare, ma la situazione è dannatamente complicata, gli dice che è costretta a testimoniare per non essere rimandata in Iran. Gli dice che lui è diverso, che non è come AGA, che non dimenticherà quello che ha fatto per loro: “Ci hai aiutato, sei diventato la speranza di Kerim, abbiamo apprezzato ciò che hai fatto”. Il principe nero ascolta con il cuore in frantumi, è evidente che è toccato da ciò che sta ascoltando. “Per favore scegli noi” gli dice Farah prendendogli le mani. Tahir però decide di reagire come gli hanno insegnato a fare per proteggersi: deve essere diffidente. Tahir non solo ritrae le sue mani, ma ferisce violentemente Farah accusandola di mentire, di recitare, di volerlo confondere, di prendersi insomma gioco di lui perché ha visto il debole nei suoi occhi.
Farah reagisce urlandogli in faccia tutta l’impotenza che ha addosso insieme all’impossibilità di fidarsi di chiunque.
Per il principe nero che voleva aiutarla questa frase è una lama. Tahir le rinfaccia di aver ucciso al suo posto per non compromettere Kerim: “Non è abbastanza?”
Farah ribadisce di essere sola: “Non ho nessuno, se non me stessa”, Tahir è vistosamente ferito da questo.
Le consegna il coltello che di fatto le salverà la vita e la lascia andar via: “E’ vero, sei da sola, non hai nessuno oltre te stessa. Vai per la tua strada”, dice polemico.
Farah e Kerim lasciano la sua casa. Bellissima la scena di lui che se la prende con i vestiti che aveva comprato per lei. Ancora più bello e significativo il momento in cui Tahir si ritrova nelle mani il disegno di Kerim: tutti e tre presi per mano, insieme, vestiti con i colori della felicità.
Nel litigio però, per le orecchie che hanno capacità di sentire, per i cuori che vogliono ascoltare, sono state dette cose importanti. Farah ha chiaramente detto di aver apprezzato ciò che Tahir ha fatto per lei e Kerim, Tahir ha confessato di avere un debole per lei. Ma è ancora poco. Questi due ancora non lo sanno, ma si amano già.
Tahir è arrabbiato ma non smette di preoccuparsi per lei. La bracca, la ferma, la vuole consigliare per un’ultima volta. Vuole spiegarle cosa significherebbe mettersi contro AGA, cosa comporterebbe testimoniare denunciando dunque Kaan. Si siedono, ancora una volta a tavola: è qui che Tahir le offre la possibilità di andar via con Kerim con soldi e passaporti falsi. Ma Farah rifiuta, non ha scelta, le condizioni del figlio le impediscono di avventurarsi in un’altra fuga. Tahir comprende, la situazione di Farah è davvero complicata.
Ed è qui nella disperazione delle loro parole che Tahir a modo suo dichiara ciò che prova. Farah sta camminando sull’orlo del precipizio come un’acrobata: “Cadrai e io ne soffrirò”, le confessa Tahir. Ma Farah non ha scelta. Va via, ma poi ritorna per abbracciarlo.
Un abbraccio diverso questa volta, in cui Tahir non sembra più colto di sorpresa. Tahir timidamente posa il suo braccio sul corpo di lei.
Quanto è difficile amare per chi non ha mai conosciuto nella sua vita alcuna forma d’amore?
Tahir si misura per la prima volta con una dimensione nuova, sconosciuta, alla quale prova a darsi una spiegazione razionale, quale può essere aiutare il piccolo Kerim. Però non è solo questo. Tahir è innamorato di Farah, ora lo sappiamo per certo, ma non ha gli strumenti per decodificare ciò che questa donna improvvisamente ha iniziato a significare nella sua vita.
Tahir non si dà per vinto, ci deve essere un modo per aiutarla, si inventa la proposta di matrimonio a Farah per farle avere la cittadinanza turca.
Tocca e toccherà a Farah prendere per mano Tahir e accompagnarlo in questo nuovo percorso di conoscenza all’interno di sé, accompagnarlo nei labirinti ignoti dei sentimenti, accompagnarlo verso questo nuovo sé, fargli da guida in questo processo di alfabetizzazione ai sentimenti. “Cosa vuoi sentirmi dire?”, le chiede Tahir. Farah gli risponde semplicemente che è una cosa insolita che qualcuno si preoccupi veramente per lei e Kerim. Una cosa che le piace, anche se può sembrare stupido.
Un dialogo che avrebbe meritato una conclusione diversa, ma la polizia ha arrestato Kaan. Farah è in pericolo. Tahir è vistosamente preoccupato per la sua incolumità. Lo è adesso lo sarà ancor di più più tardi in centrale. Deve correre da lei. Non c’è tempo da perdere. Tahir conosce bene AGA, sa come ragiona, conosce le dinamiche. Deve fare in fretta.
Di questo episodio, tuttavia, la scena a mio avviso memorabile è un’altra. È una di quelle scene capolavoro destinate a lasciare il segno. E si svolge ancora una volta a tavola. Ancora una volta al grande tavolo da pranzo della casa di Tahir. Ma i commensali questa volta sono Tahir e AGA.
Tahir nell’episodio precedente aveva detto addio ad AGA. Ma non poteva bastargli. Doveva dimostrare ad AGA di aver imparato alla perfezione come ci si muove in quel dannato ambiente. Doveva dare prova di essere in grado di camminare con le proprie gambe. Come? Prendendosi beffa di Bekir e quindi anche di AGA, impossessandosi del carico clandestino con la complicità mercenaria della persona che lo stesso AGA aveva aizzato contro Tahir condannandolo a morte certa.
Thair tende la trappola perfetta ad Aga che capisce subito che l’unico ad aver potuto architettare quell’inganno può essere solo Tahir. È la trappola perfetta che induce AGA per la prima volta a recarsi a casa di Tahir: il grande boss per la prima volta esce dalla sua magione per recarsi a casa di Tahir. La scena è costruita alla perfezione per farci avvertire il pericolo dell’arrivo di AGA con i suoi scagnozzi per un Thair intento a cucinare. Ignaro di quanto sta per accadere? Vediamo Tahir che sta apparecchiando la tavola per due ma sappiamo che non potrà essere Farah a sedere a quel tavolo. Ci chiediamo, mentre guardiamo, chi potrebbe essere. Il montaggio alterna l’andatura minacciosa di AGA e dei suoi, con la calma di Tahir nel disporre sul tavolo i piatti e financo un vaso con dei fiori. Tahir ha l’aria di chi si sta godendo questo momento, con cura maniacale posiziona perfettamente la portata al centro del tavolo, è padrone di quel suo mondo e di quella situazione, la sensazione che ci arriva guardandolo è proprio questa. Ed è la sensazione corretta. Perché Tahir sa che AGA sta per arrivare. Ha costruito ogni singolo tassello per arrivare a questo momento. La macchina da presa si avvicina al volto di Tahir: la concentrazione per i dettagli che si legge sul volto lascia il posto ad un leggero sorriso di compiacimento quando avverte l’arrivo di AGA, sottolineato dal cambio repentino della musica. È il trionfo di Davide su Golia, è la vittoria del “piccolo” sul gigante, dell’arguzia capace di sovvertire l’ordine costituito. Coraggio, determinazione e inventiva sono doti che non mancano a Tahir, che lui ha abilmente utilizzato per mettere in evidenza le fragilità di AGA.
Ora AGA è lì nella sua casa, invitato a sedere al suo tavolo, da pari.
Un nuovo cambio nel ritmo della musica di sottofondo (un plauso speciale ad Aytekin Ataş per la colonna sonora, semplicemente magnifica) e lo scambio di sguardi fra AGA e Tahir ci fanno capire che ora è il momento del duello. Che i sorrisi saranno di circostanza, che sarà un gioco di nervi e che Tahir dovrà essere abile a giocare fino in fondo. Cosa naturalmente che saprà fare.
Engin Akyürek è semplicemente sublime. In questa lunga sequenza nella quale pranza con AGA Engin Akyürek ci fornisce un saggio della sua capacità recitativa esibendosi in una ricca gamma espressiva che ci conferma la sua abilità nell’usare il volto e le espressioni facciali. Non passano inosservate le smorfie che fa mentre addenta il cibo, alternate agli sguardi torvi che lancia ad Aga, alle frasi pronunciate con leggero sarcasmo, ai sorrisetti beffardi che hanno il sapore della sfida. Tahir e la trappola perfetta: avere di fronte alla sua tavola il potente AGA ed essere trattato da pari. Come tale ovviamente si rifiuterà di baciargli la mano. Una stretta di mano, fra pari appunto, può bastare. Ha ottenuto ciò che voleva, AGA ha riconosciuto la sua abilità e gli chiede di tornare, Tahir detta le sue condizioni. Tornano a chiamarsi nuovamente padre e figlio. Ma dallo sguardo di Tahir capiamo che non sarà più come prima. Capiamo che Tahir dovrà continuare a non fidarsi, dovrà stare all’erta, aspettandosi di essere pugnalato da un momento all’altro. Engin Akyürek è grandioso nel dare vita a questi momenti.
Questo sesto episodio mi ha dato la sensazione di vedere Engin Akyürek recitare come Al Pacino. Cosa ha reso iconico il modo di recitare di questo mostro sacro del cinema americano? La sua mimica facciale e la capacità di calarsi nei ruoli più diversi sempre in modo naturale, l’abilità di dare rotondità ai suoi personaggi che appaiono sempre complessi. Prendi Scarface ad esempio: ciò che ha fatto Al Pacino con il personaggio di Tony Montana resterà impresso per sempre nella storia del grande cinema. Cito, perché non potrei usare parole migliori, un passaggio di un articolo su Scarface che descrive bene la grandiosità di Al Pacino: “L’attore infatti ha potuto dare sfoggio di tutte le sue doti teatrali riuscendo a creare un personaggio in parte schizoide, dotato di un grande carisma e – tramite una mimica marcata – ne ha rappresentato perfettamente la personalità sbruffona”.
La scena al ristorante in cui Tony Montana litiga con la moglie è la summa perfetta del suo immenso talento: il cambio di espressioni diverse e opposte, l’uso del viso e della voce per colorare il personaggio di sfumature diverse, postura e gestualità per alternare prontezza d’azione e passività.
Ed è proprio quello che Engin Akyürek riesce a fare con Tahir: una questione di occhi, di sguardi, di perfezionismo con cui ha caratterizzato questo personaggio, di capacità nel calibrare la voce nelle diverse situazioni e soprattutto di una singolare abilità nel far apparire spontanei i dialoghi, su cui invece c’è da scommettere che abbia molto lavorato.
Più ancora di Montana è il personaggio di Serpico nell’omonimo film che denota la grande assonanza recitativa fra Al Pacino ed Engin Akyürek, nelle espressioni cupe e intimistiche che rivelano la grande sofferenza interiore, negli sguardi indagatori che mettono a nudo sentimenti e dolori, nella grande naturalezza con cui si svolgono i dialoghi, nella misurata intensità con cui entrambi danno vita al dramma.
Engin Akyürek è un mostro, un grande attore, basta guardalo negli occhi perché, come dice Montana in Scarface, “Gli occhi non mentono mai”.
Che grande capacità di analisi ! Complimenti sinceri
Grazie 🙂
Una delicia leerte! Miles de detalles que pensaba que yo sola veia… lo que muestra lo bien hacha que está esta serie… una semana de trabajo por capítulo… parece algo increíble! Engin brutal. Y creo que tiene en Demet un complemento perfecto. Las escenas de la cena y la habitación son maravillosas
¡Gracias! ¡Sí, también creo que son una pareja muy unida!
Concordo Ros sulla somiglianza con Al Pacino in Scarface! Anche nel look, nel taglio di capelli ( quell’accento di frangetta). Al Pacino, per me rappresenta l’alter ego holliwoodiano di Engin, di cui immagino ne abbia studiato la recitazione con un’attenzione maniacale, forse proprio nell’interpretazione di quel Toni Montana, la cui faccia appare nelle t-shirt indossate in più occasioni dal nostro turco preferito.
Con Tahir la gamma di espressioni è decisamente quintuplicata versus qualsiasi altro mafioso/malavitoso; si cambia registro, passando attraverso la rabbia, la compassione, l’ironia e via di seguito: con un Akyürek che si cala nelle diverse vesti di un poliedrico Tahir con ormai nota indiscutibile maestria.
Grazie 🙏♥️
Grazie a te Ale. Si trovo che la bravura di Engin – come quella di Al Pacino, appunto – sia quella di dare una incredibile complessità al personaggio, anche attraverso l’uso del suo viso e delle espressioni. Tahir non è solo cattivo punto, ma anche molto intelligente, arguto, ironico, sensibile, irascibile ma capace di dolcezza, violento ma anche delicato, talvolta spiccio nei modi ma attento ai dettagli e tanto altro….:-)
Pienamente consapevole che mi attirerò valanghe di critiche, Tahir mafioso non mi convince. Noi italiani sappiamo della mafia, la conosciamo, tristemente, ma avete mai visto un mafioso camminare come cammina Tahir? E il suo sguardo? E tutta la sua postura, i gesti?
Detto questo, continuo ad amare questa serie e devo ringraziare te, Ros, per il racconto che ne fai, perché aiuti a capire fatti e situazioni che sfuggono (io la guardo con i sottotitoli in spagnolo, perchè ciakserieturche è ferma al quinto episodio). Così come continuo ad amare e ammirare Engin, grande attore, che sa scegliere sempre storie che coinvolgono e portano lo spettatore a riflettere.
La mia ammirazione va anche a Demet Ozdemir, bravissima in questo ruolo, e a tutti gli attori che ci stanno deliziando con Adim Farah.
Ciao Marisa, nessuna critica, almeno da parte mia! Adoro il confronto! Per cui provo a dirti il mio pensiero. Io non so se c’è un modo per esprimere visivamente un mafioso, non ne ho visti di persona, non ne conosco, anche se ho letto moltissimi libri sulla mafia. E ho visto tanti film sulla mafia, quindi conosco la rappresentazione che ne è stata data. Così come non conosco i camorristi, ma ho visto (anche se poi ho abbandonato la visione) Gomorra un po’ di prima stagione e ho conosciuto Savastano. I camorristi sono tutti così? Onestamente non lo so, però l’attore ha costruito un personaggio provando a dare una caratterizzazione che lo renda identificabile e che renda identificabili i “valori” che incarna. Per andare su esempi molto più alti, Il Padrino: Marlon Brando dà un’interpretazione del capo mafia che ha inciso lettertalmente l’immaginario collettivo mondiale sul prototipo di boss mafioso, grazie al modo in cui lo ha caratterizzato. Tutti i boss mafiosi sono come Don Vito Corleone? Non lo so, ma dubito. Questo per dire che un attore nel momento in cui dà vita ad un personaggio decide come farlo. E la bravura fra un attore normale e un grande attore sta, a mio avviso, anche nel modo in cui sceglie di caratterizzare quel personaggio. A volta andando anche oltre i clichè, provando a colorare quel personaggio con espressioni e atteggiamenti che lo aiutano ad esprimersi e che lo renderanno indimenticabile. Nella mia lettura del primo episodio di questa serie (non so se l’hai letta è sempre qui sul blog) provo anche a dare una spiegazione del perchè Engin marca volutamente molto certi atteggiamenti. Ovviamente è il mio pensiero. Io trovo che abbia costruito questo personaggio in maniera credibile e iconica. Grazie per il tuo commento!
Cara Ros, mi hai fatto ulteriormente riflettere: infatti, come si esprime visivamente un mafioso? Forse negli occhi mi sono rimaste impresse le immagini dei video su Messina Denaro che si muoveva con una levità da ballerino, vestito come un modello, insomma tutto sembrava fuorchè un feroce assassino. Per Tahir, se lo è diventato, è stato inevitabile, dato l’ambiente in cui si è trovato suo malgrado, adottato e allevato da un altro feroce assassino. E comunque stiamo vedendo, con il racconto degli altri episodi, che Tahir non è completamente fagocitato dal suo “benefattore”.
Io sto amando questa serie, l’unico neo è che bisogna aspettare una settimana per sapere cosa accadrà di bello o di brutto.
Grazie.
E’ proprio così, sono d’accordo con quello che scrivi Marisa. Per questo ho scritto “Tahir che recita Tahir”, è un ruolo che ha dovuto imparare, quello del cattivo, ma man mano che lo stiamo conoscendo stiamo vedendo che in realtà lui è diverso, ha un animo diverso, una sensibilità diversa…..io sto adorando questa serie e questo personaggio e, sì, l’attesa del mercoledì è la parte più difficile 🙂
Complimenti, scrivi benissimo, è sempre un piacere leggere le tue analisi, riesci a descrivere quello che forse molti di noi pensano ma non sanno esprimere, grazie
Grazie Roberta! E benvenuta fra noi 🙂
Cara Ros….
Giorni frenetici in famiglia…..impossibilitata a seguire il gruppo…..finalmente un’ora fa piccolo stacco da tutti e mi sono regalata la lettura di questa tua ultima analisi.
Quando vedo la puntata sono sempre un poco in apprensione pensando all’azione sucessiva….ma leggendo il tuo scritto assaporo tutti i particolari a cui avevo fatto poco caso.
Il nostro bel morettone non ha niente da invidiare a quel mostro sacro di Pacino…sempre strepitoso in ogni suo lavoro .Grazie e sempre tanti complimenti per la tua scrittura.🌹
Uh Vale che onore essere stata la tua occasione di fuga 🙂 Il nostro bel morettone non ha nulla da invidiare a nessuno 😉
Grazie Ros per la tua analisi lunga, minuziosa ed appassionata ricca di spunti che meritano una riflessione che non può che rimandarci ai momenti salienti di questa serie che ci ha rubato il cuore. Grazie a te riusciamo a riviverli, capendoli appieno anche nei passaggi su cui forse la nostra attenzione era venuta a meno. Ora invece, dopo i tuoi ragionamenti alcuni risvolti della storia acquisiscono prospettiva e significati profondi che così bene gli espressivi occhi di Engin fanno presagire!
Grazie Bruna, più che ragionamenti le mie farneticazioni :-))))) Provo a guardare sempre, tutto, con uno sguardo personalissimo e con Engin questo mi diverte moltissimo.
ROS che bellissima analisi hai scritto, sempre molto minuziosa. È sempre un piacere leggere le tue parole perché fanno un esame accurato di tutte le scene ma soprattutto di tutte le espressioni degli attori. Engin ha una mimica che ci fa capire tante cose, è veramente un mostro di bravura. Tu comunque mi chiarisci meglio i risvolti della storia. Grazie ❤️
Ros, complimenti! Sei davvero brava
Grazia davvero Mary 🙂
Perfetta analisi non della puntata in sé ma della serie dei personaggi e dei momenti salienti, la tua attenzione Ros coglie i particolari oltre il visibile 🧐 👍
Tutto questo è molto stimolante ci appassiona sempre più nel seguire le serie di Engin Akyürek ma non potrebbe essere diversamente con un attore così poliedrico dalle mille espressioni che ti tengono attaccata alla schermo anche senza capire una parola ma che trasmette tutte emozioni del.momento, all’ analisi non aggiungo niente : perfetta 😉🥰
Grazie Antonietta, in effetti è stimolante provare a vedere mentre si guarda :-))))))
Non posso aggiungere null’ altro Ros se non i miei complimenti come sempre straordinaria anche nei minimi dettagli 👏👏👏🙏
Grazie grazie Marika :-))))))
Questo episodio è stato tutto Engin che con la sua immensa bravura ha ingentilito l intera puntata. Una carrellata di espressioni che chi ha visto Engin per la prima volta oggi capirà di avere scoperto il miglior attore di Turchia e non solo!!!! Pienamente d accordo con te nel pensare che va bene mettere carne al fuoco perché aumenta il pathos ma non dobbiamo rimanere indietro nelle cose che ancora non ci hanno svelato perché rischiamo di rimanere con troppe lacune che poi non riescono a intrecciare.
Grazie sempre Ros 💙
Grazie a te Maria Rosa, Io penso che saranno bravissimi a collocare ogni pezzo la posto giusto 🙂