Tahir e il coraggio di cambiare

Bello, bellissimo, stupendo ottavo episodio di una serie meravigliosa che ci lascia sospirare come dame ottocentesche al pensiero di dover dire (prima o poi..) addio alla “saga dei fratelli Lekesiz”. 

Già, eccolo svelato il (primo) mistero, di cui avevamo già avuto sospetto: e cioè che l’indemoniato uomo di legge Mehmet e il criminale gentile dagli occhi profondi Tahir sono molto più uniti di quanto ci abbiano fatto pensare dalle prime battute, uniti addirittura da quel filo speciale che è il rapporto consanguineo.
Sì, Mehmet e Tahir sono fratelli. Ignari di esserlo, ancora. In effetti nella mia precedente analisi ho usato giudiziosamente il condizionale “sembrerebbe improbabile”, data la differente età manifesta di Mehmet (che con la sua capigliatura canuta sembra in realtà molto più grande di Tahir) e non conoscendo ancora la storia personale di entrambi, le circostanze che hanno portato alla morte dei genitori, l’età di entrambi quando sono stati separati…tutti dettagli che i flashback di questo emozionante 8°episodio ci hanno finalmente rivelato.
Abbiamo goduto nei precedenti episodi e anche in questo dei “duelli” fra Mehmet e Tahir: in questa serie un plauso particolare spetta a mio giudizio alla qualità dei dialoghi. Ottima scrittura della serie nella sua trattazione generale, che ci sta regalando non la consueta saga famigliare fatta di veti matriarcali, amori tossici o altri cliché che rappresentano una sorta di timbro tematico delle dizi (almeno sinora, ma magari su questo mi piacerebbe tornarci) ma una storia avvincente in cui sono sapientemente dosate azione, segreti del passato, intrighi, pennellate di commedia, introspezione dei personaggi e una storia d’amore che cresce a piccoli passi. Insieme a tutto questo, dunque, anche un’ottima scrittura di dialoghi credibili e profondi fra i vari personaggi, Tahir e Farah in testa, ma anche Mehmet e il suo bellissimo fratellone che in un percorso shakespeariano ci prendono per mano per condurci nelle segrete più profonde dell’animo umano che può essere capace di tutto, può avere slanci incredibili di generosità ed empatia, ma può anche serbare sentimenti di egoismo e rancore velenosissimi. Ma ci arriviamo.


Questo gioco iniziato per caso, con cui ogni settimana mi diverto ad analizzare a modo mio gli episodi di Adım Farah, mi sta regalando emozioni bellissime, oltre che rappresentare per la sottoscritta un’occasione in più per riflettere in maniera più compiuta e approfondita. Le emozioni riguardano lo scambio di impressioni e riflessioni anche in privato, non solo qui sul blog e sui social, con amiche virtuali e persone totalmente sconosciute, che in qualche modo dilata i tempi di visione degli episodi, proiettandoci in uno spazio fisico e temporale altro, dove continuare a ragionare ed emozionarci, in un esercizio di visione che mette insieme elementi diversi, artistici, letterari, cinematografici. Trovo che tutto questo sia semplicemente stupendo! Grata a Engin Akyürek anche per questo.
In uno di questi scambi, la mia amica israeliana Michal ha voluto condividere con me l’associazione che le aveva suggerito una delle foto di scena che anticipava l’ottavo episodio.  

Stessa gamma di colori, taglio “fotografico” simile fra i due scatti, forte in entrambe l’intensità emotiva: in una Mehmet e Tahir seduti al “tavolo della morte”, nell’altra il dipinto “I giocatori di carte” di Paul Cézanne, pietra miliare nella storia dell’arte, poiché si tratta dell’opera che di fatto ha aperto la strada al Cubismo. Di questo stesso soggetto Cézanne ha realizzato differenti versioni (questa è conservata al Musée d’Orsay di Parigi che ho avuto l’onore di ammirare dal vivo!)  nelle quali il pittore francese semplifica man mano la rappresentazione della scena, fino ad arrivare all’essenzialità delle linee geometriche, fino a ricorrere cioè alla geometria dei corpi, degli arredi e dei vestiti per rivelare la verità, che spesso come sappiamo non è mai come ci appare (vi ricorda qualcosa?).
E dunque, così come l’apparenza complessa delle forme intorno a noi nasconde modelli ricorrenti, riconducibili alla geometria, in una sorta di bellissima metafora, la complessità della vita appare altro rispetto a ciò che rivela agli occhi che vogliono vedere, oltre che guardare, andare al di là delle apparenze, scavare in profondità per arrivare all’essenza vera della cose.  In questo caso, il rapporto fra due uomini che non sanno di essere fratelli e che si guardano in cagnesco minacciandosi crudelmente, mentre il destino gioca a carte con loro, come i due protagonisti del dipinto.  Grazie Michal per avermi dato lo spunto di approfondire e di fare questo parallelismo 😉

Ma veniamo al punto chiave di questo ottavo episodio e delle mie cogitazioni.
Su Orhan e Aga ci avevo visto giusto! I due si sono macchiati dell’orribile crimine che ha segnato per sempre la vita di Mehmet e Tahir, uccidendone la famiglia. Aggiungo, però, un dettaglio che chiude il cerchio. A compiere materialmente l’omicidio di Alp non è stato il vecchio commissario in pensione, ma probabilmente Ylias. Che avevo escluso dai miei ragionamenti concentrandomi sul movente. Ylias (su cui Lombroso avrebbe da dire più di qualcosa…) non ha infatti un movente apparente, ma ipotizzo abbia commesso l’omicidio su ordine di Orhan. Nell’ottavo episodio, infatti, il vecchio commissario ci svela, parlando a Mehmet, che la sua fonte di informazioni all’interno del commissariato è proprio Ylias che per lui è “un figlio”.  Più esatto sarebbe definire Ylias una talpa, una spia. Probabilmente è addirittura lui ad aver avvisato Orhan di quanto Alp stesse avvicinandosi alla verità, diversamente da quanto ipotizzato in precedenza (cioè che Mehmet riferisse in confidenza al padre): Ylias probabilmente è un essere molto più meschino di quanto potrebbe sembrare e probabilmente la vicenda ha degli intrecci che ancora non riusciamo ad immaginare, con delle connessioni fra i personaggi che per ora non sospettiamo.

Lo specchiato commissario di polizia Orhan, dunque, deve scongiurare che emerga dall’oscurità del tempo il peccato di cui si è macchiato in gioventù perché Alp si era avvicinato troppo alla verità.
Altrettanto deve fare AGA, che infatti non si cruccia minimamente di chiedere a Tahir di uccidere Mehmet (cioè il fratello!), peraltro ingannandolo, poiché gli fa credere che lo desideri anche Vera per proteggere Kaan.
Se Tahir sapesse che AGA ha sterminato la sua famiglia, come potrebbe reagire? AGA ha misurato sulla sua pelle cosa potrebbe significare privarsi di Tahir e ancor peggio averlo come nemico. Quindi deve assolutamente impedire che arrivi alla verità! E come potrebbe reagire Tahir nel momento in cui avrà la consapevolezza che quel perfido uomo gli ha ordinato di uccidere proprio il fratello? Tahir è cresciuto nella convinzione che AGA sia stato la sua ancóra di salvezza, che sia stato l’uomo dal cuore generoso che lo ha strappato da una vita misera e infelice. Come reagirà quando verrà a conoscenza della verità? AGA, non dimentichiamo, è colui che di Tahir dice: “È un selvaggio cresciuto in modo selvaggio”. Alla faccia dell’affetto paterno…
E come reagirà Mehmet? Soprattutto se la tesi di Orhan mandante è vera?

Ecco, ora la storia a mio avviso si focalizzerà sulle reazioni di questi due uomini cresciuti nella solitudine degli affetti (nessuno dei due chiama mamma le mogli dei rispettivi papà adottivi, i quali hanno tirato su questi due ragazzi proiettando su di loro l’immagine di ciò che avrebbero desiderato per sé stessi: uno un boss criminale intelligente e coraggioso, l’altro un commissario della polizia ossessionato dagli Akıncı).

Come reagiranno quando sapranno di essere fratelli?
Trovo il personaggio di Mehmet, interpretato da un formidabile Fırat Tanış, azzeccatissimo: è il perfetto alter ego di Tahir. Uno rappresenta il bene, l’altro il male, anche se a ben vedere i confini di distinzione si confondono fino a farci nutrire qualche dubbio su dove cominci il male e finisca il bene e viceversa.
Uno è impermeabile a qualunque sentimento di compassione o atteggiamento di empatia, letteralmente ossessionato dalla caccia al cattivo, l’altro è talmente capace di leggere la sofferenza altrui da mettere a soqquadro e rischio la propria vita per salvare un bambino malato e la sua mamma clandestina. Uno, il “giusto e buono”, sembra essere totalmente privo di codice morale (ricordiamo la facilità con cui Mehmet ha giocato con Farah…) tanto da sembrare emotivamente imperturbabile, l’altro, il “cattivo criminale” che si commuove per un bambino sconosciuto ci mostra, al contrario, di avere un suo codice etico. Tahir non preme il grilletto con la stessa facilità con cui lo premerebbe Mehmet.

Ecco, tornando a Orhan, il veleno che ha nutrito la sua sete di vendetta ha radici profonde: odia AGA e vuol vendicarsi per essere stato privato della donna che amava (che aveva però tradito Aga…), per essere stato incastrato da AGA, per essersi trovato coinvolto in un duplice omicidio sul quale ha dovuto tacere. E come nella migliore tradizione dei delitti d’onore, il sangue si lava con altro sangue. Non riuscendo a farsi giustizia con uniforme e distintivo (Ho dato la caccia per una vita ad AGA, aveva detto in un episodio) decide di farlo da sé. Una vendetta che è cresciuta di pari passo con i suoi capelli bianchi, tanto da essersi inventato la copertura dei campi di calcio alle cui spalle allevare un esercito di cecchini in scarpe da ginnastica (dettaglio questo che probabilmente è stato notato o sarà notato al momento opportuno…)
Ora però mi chiedo: come fa un normale civile a finanziare una “santabarbara” del genere? I poliziotti, in fondo, conducono una vita modesta (Ömer Demir docet…) come può questo nonno in pensione avere a sua disposizione una squadra armata da far tremare i gorilla di AGA?  Dobbiamo, forse, sospettare dell’altro?
Orhan lo abbiamo visto comportarsi esattamente come un capo mafioso: impartisce ordini, prova a manipolare la mente altrui (lo fa spudoratamente con Mehmet che naturalmente neanche sospetta, al momento), ha la freddezza del killer, trama alle spalle degli affetti, minaccia, ricatta, esegue avvertimenti armati. Al di là dei differenti modi di vestire e del tenore di vita, in cosa differisce Orhan da Aga? Dobbiamo dunque aspettarci di scoprire altro da quest’uomo?  Qualcosa che potrebbe rappresentare il movente che lo schiaccia senza appello più della sete di vendetta? Staremo a vedere.

Intanto la scena nella stalla ci mostra apertamente il vero volto di quest’uomo. Se finora la macchina da presa si era soffermata fugacemente sul suo viso, ora il regista ci regala una scena da brividi nella quale viene fuori la personalità di un uomo rancoroso, violento, cattivo, gelido. Francamente non so decidermi su chi fra i due mi suscita maggiori sensazioni negative.

Orhan e AGA sono uno di fronte all’altro nella stalla. Nel mezzo, ancora una volta, il cavallo bianco, a simboleggiare questa volta l’innocenza di due bambini abominevolmente cancellata da questi due esseri spregevoli.  
Orhan non sa che in quegli stessi istanti mentre sfida apertamente AGA, Mehmet potrebbe perdere la vita proprio per volere dell’uomo che ha di fronte. Cosa succederà quando lo verrà a sapere?
AGA ha capito che la mente che ha mosso il commando verso casa sua appartiene all’uomo che in questo momento gli sta parlando in maniera subdola e sprezzante: “Ho saputo, sono venuto a farti visita”.
Nega l’accusa di essere stato lui, ma fra le righe in verità risponde in maniera affermativa. E minaccia con spietatezza: “Devi stare calmo, come questo cavallo bianco, allora sarai in grado di lavorare, il sangue continuerà a scorrere nelle vene, vivrai a lungo. Quando ho preso due proiettili nel petto ho fatto la stessa cosa. Lo farai anche tu”. La calma con cui il vecchio commissario parla è da brividi.
Io in questa scena, insomma, non vedo un ex commissario e un criminale incallito che litigano secondo l’eterno duello fra bene e male, ci vedo una duplice incarnazione del male, ci vedo due mafiosi che si ringhiano contro.  

Insomma, Ylias. Naturalmente c’è da chiedersi, ammesso che il mio ragionamento sia giusto, perché abbia accettato di eseguire l’ordine. In che rapporti è con Orhan, oltre quelli che abbiamo conosciuto sinora? Che Ylias sia coinvolto ce lo hanno fatto capire regia e montaggio nel momento in cui Mehmet ragiona ad alta voce con lui sulla ricostruzione di quanto sia potuto accadere sul luogo del delitto. Mentre Mehmet descrive la scena dello sparo, Ylias sembra rivedere la stessa scena (che però conosciamo solo noi!) e ha una reazione visibilmente nervosa: si guarda le mani e indossa di scatto i guanti, probabilmente gli stessi che indossava al momento dell’omicidio. 

Il mio cuore ha cominciato a battere più veloce quando Mehmet accenna ai messaggi ricevuti da Alp (eureka!) per poi rallentare nuovamente quando nessun cenno, invece, viene fatto al numero di provenienza… Possibile che Mehmet non abbia chiesto a Ylias di procedere con la identificazione, così come aveva fatto per la localizzazione del luogo? In realtà, io sono certa, glielo ha chiesto, ma ci confondono abilmente dandoci ogni tanto solo qualche piccolo indizio e distraendoci subito dopo. Infatti, questa parte viene interrotta dalla telefonata sull’incidente a casa Akıncı. 
Ylias non è poliziotto esemplare, chiaro e limpido: lo intuiamo sempre di più dai suoi atteggiamenti (a proposito nella telefonata con cui aggiorna Mehmet sulla sparatoria si vede che guarda qualcosa di molto piccolo che ha in mano che poi getterà per terra: cos’è????).
Abbiamo bisogno di conoscere però anche la sua storia personale per capire meglio i veri motivi che lo legano a Orhan. E probabilmente a qualche altro personaggio…

Il povero Mehmet, insomma, non può contare neanche su un compagno fidato.
È solo. Un uomo solo, nella vita e sul lavoro: “Non c’è niente di peggio della solitudine in questa vita”, dice ubriaco proprio a un Tahir che combatte coi demoni dei dubbi: uccidere o non uccidere il commissario?

Per l’uomo sempre più solo Mehmet ha avuto inizio una lenta e inesorabile discesa verso gli inferi, gli è stato tolto il caso, l’aggressione violenta a Kaan gli è costata cara, carissima, è stato financo denunciato, rischia di perdere il suo lavoro, deve consegnare la pistola. L’avvertimento di Orhan sembra prendere corpo, il vecchio commissario lo aveva avvisato, conosce il suo nemico, sa che non si fermerà: “Ti renderanno così sporco che nessuno ricorderà che sei un poliziotto”. In una parabola vorticosa che sembra volerlo scaraventare nel fuoco dell’inferno, appena sa da Bade che Tahir avrebbe voluto ucciderlo corre inferocito a casa sua, sappiamo cosa succederà.
Mi chiedo, però, se le intenzioni vere di Mehmet fossero altre.  Lui ci va con il giubbotto antiproiettile, perché sa di correre un grande rischio, ma ci va davvero con l’intento di uccidere Tahir? O ci va per provocarlo e farsi sparare? Mehmet sa con certezza che non è stato Kaan ad uccidere Alp, può legittimamente sospettare (ancora una volta) che sia stato Tahir. Ha bisogno del proiettile della pistola di Tahir che si conficcherà nel suo giubbotto?  Ha bisogno di incastrarlo per metterlo alle strette? Ha bisogno di un capro espiatorio per salvarsi? Vedremo.

Così come penso che Bade non abbia chiamato Mehmet per avvertire l’uomo di cui si sta innamorando (scusate, ma non ci credo proprio!) ma coglie subito l’occasione per aizzarlo contro Tahir, perché strumentale ai suoi disegni, cioè fare fuori Tahir. Credo infatti che Bade e Bekir stiano giocando una personale guerra intestina contro lo zio. E non mi stupirebbe scoprire che possa esserci qualche connessione nel triangolo Bekir -Ylias -Orhan. E dunque Bade ha tutto l’interesse a raggiungere una posizione “privilegiata” vicina al commissario, se non addirittura un rapporto intimo. Vedremo.

L’ottavo episodio non ci ha regalato solo questo. Questo bellissimo episodio ci ha regalato una performance recitativa di Engin Akyürek da manuale. Engin dà vita a Tahir, un personaggio rotondo, complesso, ricco di sfumature e lo fa “alla Engin”, conferendo cioè ai tanti lati di questo personaggio le sue inconfondibili sfumature che destinano – ancora una volta – un suo personaggio a essere unico e indimenticabile.


Ho amato molto la sofferenza lacerante del dubbio che si impossessa di Tahir. Tahir è prima di ogni cosa un uomo molto intelligente che ha capito la strana connessione fra l’agguato intimidatorio al suo matrimonio e la richiesta di AGA di far fuori il commissario. Tahir è un uomo che sa mantenere la calma necessaria a ragionare anche nei momenti di pericolo. AGA no. Infatti, AGA in preda all’agitazione per quanto è appena successo nel giardino della sua villa, dice a Tahir di aver capito chi è stato e che se ne occuperà lui, aggiungendo però nella stessa frase: “Tu esegui ciò che ti ho detto di fare”. Una vicinanza concettuale che non sfugge a Tahir, il quale abbassa lo sguardo con una espressione riflessiva.
Tahir ha iniziato a mangiare la foglia, insomma. Sarà questo a fermarlo, insieme però a dell’altro. A qualcosa d’altro molto importante.
Tahir non è un uomo che uccide per la gioia di uccidere, non prova piacere a farlo, non gode nel togliere la vita altrui: lui esegue gli ordini, lui è Tahir che interpreta Tahir (ricordate?). Un uomo che è dovuto crescere come braccio destro del boss, che però ora si sente schiacciato nell’ineluttabilità di un vicolo cieco, dove non può procedere né a destra né a sinistra, nel quale non può tornare indietro, dove l’unica alternativa che gli si presenta davanti è un precipizio da cui saltare. Lo aveva detto a Farah nel 7 °episodio.
Tahir, grazie all’incontro con Farah e Kerimşah, che per la prima volta lo hanno fatto sorridere, ha preso consapevolezza di vivere una vita che gli sta troppo stretta, una vita infelice, una vita che non è la sua vita, una vita nella quale Tahir deve essere Tahir. E proprio in nome di Farah e Kerimşah sente il coraggio di fare una cosa che non ha mai fatto: tradire la “sua” famiglia, saltare insomma dal precipizio per allontanarsi da quella famiglia e da quella vita, facendo una cosa che sente giusta.  Pur sapendo di andare incontro alla morte. Ha consegnato la pistola al commissario per salvare Farah. Ha saltato il precipizio. Ma una volta assaporata l’ebbrezza del coraggio, il gusto di essere finalmente sé stessi, il piacere di togliersi una maschera troppo stretta, difficilmente si torna indietro. Se ha tradito una volta, può ancora farlo. Per non essere più ciò che lui non è. Per essere finalmente ciò che vorrebbe essere.

Ma Thair, adesso, sente anche la responsabilità delle persone che sta prendendo in carico. No, la sua non è una finzione, lui davvero vuole aiutare Farah e Kerimşah e sa che uccidere un commissario di polizia non sarebbe il miglior modo per iniziare una nuova vita con queste due persone che hanno bisogno di lui. Sa che perderebbe per sempre Farah. Farah glielo ha detto fra i sibili della pioggia di proiettili: “Non osare farti uccidere, ho bisogno di te!”. Uccidere il commissario equivarrebbe a farsi uccidere.

Tahir ha avuto la fortuna di incontrare una grande donna, intelligente quanto lui, che lo ha già preso per mano e lo sorregge in questo percorso di autoconsapevolezza sulla sua vita. Farah intuisce che AGA gli ha chiesto di fare qualcosa di grave. Ha capito che dovrà uccidere qualcuno.  Ma ha anche capito che in fondo Tahir, proprio come il significato del suo cognome, è senza macchia. È un uomo buono, che ha ceduto al crimine per necessità e non per indole.
Bellissima la scena in auto, nella quale Farah gli dice tutto questo. Farah per Tahir è la primavera, è la stagione in cui rifiorire, in cui tutto rinasce dopo l’oscurità dell’inverno.  Primavera deriva dal latino “ver” che a sua volta recupera un termine sanscrito “vas” che significa “splendere” e infatti la primavera dà l’avvio alla metà dell’anno più luminosa e splendente.  Fin dall’antichità la primavera rappresenta il momento nel quale prendere coscienza di sé e ripartire, ricominciare, rinascere con maggiore slancio e determinazione.
E Tahir è proprio rinato con questa donna, che ha l’abilità di parlargli, di dirgli ciò che lui ha bisogno di sentirsi dire, una donna che lo mette davanti allo specchio della sua coscienza, non per mortificarlo, ma al contrario per incoraggiarlo al cambiamento, per incoraggiarlo ad essere veramente sé stesso, per fargli vedere che lui una coscienza ce l’ha.
“Hai così tanta fiducia in me?” le chiede Tahir. Per la prima volta qualcuno vede in lui una persona per bene, vede il vero Tahir.
Farah è un fiume in piena, gli scaraventa addosso i suoi pensieri, i suoi dubbi ma anche e soprattutto ciò in cui crede, ciò che ha visto in Tahir, anche attraverso il sogno che aveva fatto, la possibilità di essere felici, ma anche la paura di non poterlo essere, la paura che ora Tahir avendo ucciso qualcuno possa ripiombare nell’inverno eterno.

“Ho amato tanto la primavera. Possano le stagioni essere sempre primavera”, dirà Tahir, dopo averla rassicurata di non aver commesso alcun crimine e prima di darle il bacio più sensuale che potesse dare a Farah. Un primo bacio, solo apparentemente innocente, sulla guancia. In realtà un bacio carico di quel trasporto incredibile che Engin Akyürek riesce sempre a trasmettere. La voce, la postura del corpo, lo sguardo fisso su di lei: tutto è meravigliosamente perfetto, in armonia con un sentimento forte che si sta facendo strada.  La frase che pronuncia è una metafora bellissima, una dichiarazione d’amore bellissima. Una delicatezza di testo che esprime una delicatezza di approccio che Tahir ha nei confronti di questa donna.  
Una dichiarazione d’amore e un bacio che spaventano Farah ma che spingono la mattina dopo Tahir a sposare finalmente Farah.  Un matrimonio sulla carta che però non sarà tale. Lo speriamo noi e lo sperano anche Tahir e Farah senza avere però, ancora, il coraggio di dirselo.  Per ora si limitano a guardarsi con occhi che dicono molto più delle parole. “Io sono qui per te, lo sai”: lo sguardo con cui lui guarda Farah durante il matrimonio a casa di lei sembra dire esattamente questo.
Tahir non vuol rovinare questo rapporto bellissimo che per la prima volta è riuscito ad avere con una donna – un rapporto d’amicizia, ha detto al mattino per rassicurarla; Farah ha paura di lasciarsi andare all’amore, avendo vissuto le ferite di un rapporto che ha rischiato di condurla addirittura alla morte.
Tahir lo ha capito e glielo dice apertamente nel negozio di abiti da sposa: “Ti se innamorata, volevi sposarti e non ha funzionato, la tua vita è stata travolta, sei rimasta delusa, non vuoi rivivere la stessa esperienza. Non essere preoccupata per me, non mi aspetto nulla da te, non ti disturberò, saremo sposati fino a che ti servirà”.
Ecco, la chiave di questo bellissimo rapporto che sta nascendo è il dialogo, il parlare con la certezza di essere capiti. Il dialogo, allora, può davvero essere utile a esprimere sentimenti, pensieri, a chiarire o prevenire malintesi e in questo esercizio, nel quale entrambe le parti sono attive e partecipi, cresce l’intimità, la conoscenza di sé e dell’altro, il piacere di vivere una relazione che migliora. Tahir e Farah comunicano, riescono a farlo, perché entrambi dicono bene ciò che intendono dire e si ascoltano reciprocamente con accuratezza e rispetto, facendo sentire l’altro capito e accettato.
Adoro come ogni tanto si stuzzicano, la scena in auto in cui Farah lo prende in giro con la canzone dei due caproni è semplicemente deliziosa ed è altrettanto meravigliosamente deliziosa la reazione di Tahir.
Così come adoro il velo di ironia che ogni tanto fa capolino in questo personaggio a tutto tondo a cui ha dato vita Engin Akyürek:
“Grazie”, dice Farah a Tahir per ringraziarlo di averla sposata.
“Non c’è di che, tanto ero single”, risponde Tahir 😂 😂 😂
Si può non amarlo? No.
E infatti anche Farah lo ama e lo amerà. Ma la strada è ancora lunga. A rovinare questo bellissimo clima intorno a Farah, Tahir e Kerimşah ci pensa intanto Mehmet. L’irruzione in casa di Tahir con quel che è successo sconvolgerà tutto e avrà conseguenze su entrambi.
Per fortuna che questi due uomini testardi (come due caproni!) hanno incontrato Farah.
Sono certa che Farah, con la sua intelligenza e la sua sensibilità, svolgerà un ruolo determinante, cruciale, per accompagnare entrambi i fratelli alla scoperta della verità, della loro vera storia.
E come reagiranno? Non vedo l’ora di scoprirlo. E voi?

11 risposte a “Tahir e il coraggio di cambiare”

  1. Grazie Ros…è bellissimo rivedere la puntata attraverso le tue parole. Come ti ho già scritto, in questa splendida ottava puntata ho ritrovato Engin al 100% con tutta la sua bravura, empatia e sensibilità che lui mette nel dar vita ai suoi personaggi. Per quanto riguarda la storia in sè concordo che Ylias sia alquanto strano e il particolare del brivido che ha nel sentire Memhet rivivere la scena e soprattutto il guardarsi la mano e indossare i guanti fa credere o lo è che lui possa avere sparato. Vedremo!!! io ho un dubbio ma può essere che sono stata disattenta; Aga non sono convinta che sappia che Memhet è fratello di Tahir perchè quando fa irruzione in casa il bambino era nascosto sotto il tavolo e non credo lo abbia visto. Cosa che invece Vera sa!!!
    Aspettiamo con ansia la prossima puntata!!!!

    1. Maria Rosa sai che mi fai venire il dubbio????? Può essere proprio come dici tu…..sarebbe un dettaglio importante!! E niente…dobbiamo aspettare le prossime puntate 🙂

  2. Ancora una volta avvincente e bellissima puntata di AdimFarah di cui ,tu Ros, sei diventata la voce narrante😉, e come dici in questo scambio di impressioni la vista del quadro di Cézanne mi ha fatto ritornare in mente una canzone di Sting ( coincidenza, usata per un video di AdimFarah 😜): Shape of my heart è la storia di un giocatore di carte che si dedica a questa attività non per vincere ma per tentare di capire la logica che ci può essere nel caso o nella fortuna, ora mi sembra ancora più appropriata ripensando alla storia di Tahir e Mehmet i cui genitori si sono trovati sfortunatamente nel mezzo di un conflitto a fuoco tra Aga e Orhan episodio che ha cambiato le loro vite…spero che nel ritrovarsi fratelli sapranno riportare alla luce la verità è rendere giustizia ai loro genitori…❤️
    A presto mia cara Penelope 😜🤣

  3. Questa serie è sempre più avvincente! E che ruolo avranno le donne? Pensi che la “rossa” ormai messa da parte, starà al suo posto secca e pesta, senza battere ciglio? Potrei sbagliarmi ma la vedo troppo silenziosa e defilata, ha un atteggiamento che mi insospettisce! 🧐 Penso che ne vedremo delle belle e non vedo l’ora.
    Grazie Ros 😘

    1. Aleeeeeeeee, si questa serie è sempre più avvincente! La rossa di certo non ha digerito gli sviluppi fra Farah e Tahir….penso anche io che ne vedremo delle belle!

  4. È veramente bello leggere le tue analisi Ros. Con il tuo modo di scrivere così scorrevole ti si legge in un attimo. Hai questa capacità pazzesca di analizzare tutto anche il particolare per me insignificante ma che tu lo evidenzi e lo fai diventare importante per capire meglio la scena. Questa serie l’amo tanto ma con le tue riflessioni l’amo ancora di più ❤️

      1. A me sinceramente sembrava un bossolo … non sono sicura però

  5. Hai detto tutto tu Ros, non ho nulla da aggiungere! La tua approfondita e appassionata analisi a tutto tondo di una storia che ha conquistato i nostri cuori ci introduce ora ai scenari della prossima puntata che ci aspetta! Ringrazio ogni giorno il destino che mi ha fatto conoscere EnginAkyürek, un attore che mi ha donato momenti indimenticabili e luminosi anche nelle giornate più buie. Ringrazio te Ros e le altre care amiche virtuali a noi vicine, di cui tu parli, di esserci e di condividere insieme pensieri ed emozioni!

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