Prima o poi il vento si alza/1

Il nuovo racconto ispirato da Engin Akyürek.

Ed eccoci qua con il mio terzo (terzo?!) racconto ispirato da Engin Akyúrek, quest’uomo che ci fa fare cose folli. Come può essere folle scrivere una storia immaginando che uno dei protagonisti sia proprio lui, l’attore e uomo straordinario di cui siamo perdutamente innamorate. Ho iniziato a scrivere questo racconto un anno fa, mentre Engin era alle prese con il set di Kaçış, immaginando di poterlo scrivere in breve tempo. Poi, però, la storia mi ha un po’ preso la mano e anche gli impegni lavorativi e famigliari mi hanno impedito di potermici dedicare con la costanza desiderata. Ma il racconto era lì e ogni tanto nelle mie notti insonni accendevo il computer e mi immergevo nel fantastico mondo dei sogni a occhi aperti che è per me scrivere. Poi ho dovuto fermarmi. A fine anno, lo stop forzato in ospedale e la lunga convalescenza con cui ho iniziato questo 2023 mi hanno dato l’occasione di finirlo.
Spero vi piaccia e vi faccia sognare. La struttura narrativa è insolita, i capitoli sono distinti in base al protagonista della narrazione: Lei, Lui, Loro 🙂 perchè le situazioni, anche se le stesse, cambiano se a viverle o a guardarle è qualcun altro.

Per scrivere questa storia ho fatto ricerche di luoghi e posti della Turchia (con buona pace del mio algoritmo!) trasformando la scrittura in occasione personale di conoscenza di una terra che non vedo l’ora di poter vedere dal vivo! Spero che i luoghi citati incuriosiscano voi come hanno incuriosito me.
E poi troverete stralci di poesie (alcuni versi composti da me, che avete letto sui social di tanto in tanto 😌), brani musicali, opere d’arte: insomma il mondo dei miei interessi personali per condire una storia inventata dedicata a Engin Akyürek e all’amore, senza il quale davvero la vita sarebbe così triste. L’amore di un’amica, del proprio uomo, per i valori in cui si crede, per una battaglia giusta o per il proprio lavoro …insomma le diverse sfumature di questo sentimento che Engin con i suoi lavori ha raccontato egregiamente.
Mi scuso con Engin (qualora dovesse mai venire a conoscenza di questo racconto😁 ) se ho avuto la presunzione di rappresentare il suo carattere o i suoi sentimenti: mi sono fatta guidare dalla mia personalissima percezione e naturalmente dalla storia che prendeva forma.

Il racconto è diviso in “puntate”, perchè è lungo, quindi ci terremo compagnia per un po’!
Vabbè taglio corto, buona lettura!

Prima poi il vento si alza/1

L’amore non conosce la sua profondità
fino all’ora della separazione.
(Kahlil Gibran)

LEI ♀

Oggi non va. Bianca se lo ripeteva come una litania, da quando aveva messo i piedi giù dal letto, svegliata da una suoneria impietosa. Era lunedì mattina. E l’umore era pessimo. La sera prima, a dire il vero, aveva incontrato la sua amica Neylan, avevano chiacchierato a lungo e avevano cominciato a progettare un viaggio insieme. Aveva trascorso una serata bellissima, come sempre quando era con Neylan: avevano una sintonia perfetta, si capivano al volo, ridevano di gusto per ogni cosa e appena potevano viaggiavano insieme o quanto meno progettavano di farlo.

«Sembriamo due liceali» si erano dette, mentre Neylan accompagnava Bianca verso casa, nel quartiere di Odunpazarı a Eskişehir, la città nel nord ovest della Turchia che Bianca aveva scelto per concedersi un nuovo inizio.

Fra quelle case colorate di legno della “città vecchia”, questo il significato del nome di quel luogo che invece era incredibilmente giovanile e moderno, Bianca si sentiva al sicuro, protetta, padrona della sua vita, coinvolta in un flusso di energia vitale che, era convinta, le avrebbe certamente fatto bene.
A patto, però, che il telefono non le riservasse brutte sorprese!
Come era successo la sera prima, con la telefonata che aveva ricevuto.
Ancora adesso, a ripensarci, la voce di Pierre la irritava, le metteva addosso un insopportabile mix di incazzatura e tristezza.

Come può una voce che hai amato, una voce divenuta nel tempo familiare, che a un certo punto ha significato “casa”, all’improvviso risultare terribilmente fastidiosa, al punto da farti stare così male?

Basta, non devo più pensarci, si impose Bianca.

Decise che avrebbe approfittato della mattinata per prepararsi all’incontro del pomeriggio con Erol Kaya direttore di una galleria d’arte a Konya, esperto di fama mondiale di arte contemporanea e docente all’Università.

Anche Bianca era una gallerista, o meglio lo era stata fino all’anno prima, quando ancora viveva a Parigi. Poi, dopo la separazione da Pierre, la scelta di tagliare con tutto e con tutti e di trasferirsi a Eskişehir.
Conosceva molto bene la Turchia, soprattutto Ankara. A Eskişehir ci era stata qualche anno prima per motivi di lavoro, ed era rimasta affascinata dal fermento che aveva respirato in quella città, che da molti era considerata un’oasi di liberalità nel cuore dell’Anatolia. Città universitaria, con un centro storico dall’atmosfera unica, un’incredibile vita notturna, dove si mangiava anche molto bene, Eskişehir l’aveva conquistata subito, anche per lo spirito accogliente e alla mano delle persone che aveva conosciuto, tra cui Neylan e la sua cerchia di amici.  

Bianca si era innamorata delle case di legno del periodo ottomano nel distretto di Odunpazarı, talmente bello da essere stato candidato al patrimonio dell’umanità Unesco, ma allo stesso tempo amava il futuro che si respirava in quell’angolo nascosto di mondo, una città così moderna e così diversa dai luoghi dell’immensa e affascinante Turchia che aveva conosciuto.
Eskişehir era diversa anche da Istanbul, quel caotico mosaico di Oriente e Occidente che pure l’aveva intrigata con quell’aria di mistero, di magia. Ma non aveva avuto la possibilità di conoscerla veramente a fondo e soprattuto di amarla, il loro rapporto era rimasto “incompiuto”. Chissà prima o poi ci conosceremo meglio, si diceva Bianca quando pensava alla sua brevissima esperienza in quella città enorme e affollata in cui era stato troppo facile perdersi per non ritrovarsi più.
Eskişehir invece era più a dimensione d’uomo e poi l’aveva conquistata con il suo spirito così poco conservatore e la voglia di vivere che sprigionava, probabilmente per la presenza degli studenti delle sue tre Università.
Le trasmetteva entusiasmo e voglia di fare, quella città. Si sentiva elettrizzata a Eskişehir.
E poi non aveva nulla che potesse ricordarle la sua vecchia vita.
Lì, si sentiva al sicuro. E si sentiva allo stesso tempo proiettata verso il futuro.
Decisa a vivere intensamente l’oggi, Bianca ancora una volta non si sarebbe girata a guardarsi indietro, verso quel passato che sentiva come una zavorra, che le avrebbe impedito di prendere, finalmente, il largo, verso il mare aperto.

Da quando si era trasferita a Eskişehir, aveva iniziato a collaborare come consulente per alcune gallerie d’arte. Amava l’arte, non a caso era un’italiana che aveva vissuto a Parigi e l’arte era diventata il suo lavoro. La sua vita. La sua salvezza.
A Parigi aveva organizzato numerose esposizioni di artisti contemporanei e aveva scovato diversi talenti che aveva supportato e promosso nella sua piccola galleria nel cuore del Marais, il raffinato quartiere nel IV arrondissement.
Chiudere la sua galleria d’arte le era dispiaciuto moltissimo. Ne aveva proprio sofferto. Ma era stato necessario farlo. Doveva cambiare aria, andare dall’altra parte del mondo, o quasi, lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare daccapo. O almeno provarci.

Nel pomeriggio di quel lunedì cominciato con una suoneria impietosa e un umore pessimo, avrebbe discusso di un’eventuale esposizione di artisti contemporanei. E quell’umore non l’avrebbe di certo aiutata.
Quindi decise che prima di mettersi al lavoro, avrebbe fatto un giro in città, avrebbe respirato un po’ di quell’aria che Bianca trovava miracolosa. Anzi decise che si sarebbe preparata all’incontro sul prato del Kent Park. La giornata era bellissima, il cielo era limpido e un sole luminoso riscaldava quel primo lunedì di dicembre, che sembrava essere partito proprio male. Prese il computer, inforcò gli occhiali da sole, infilò un plaid nella sua grande borsa rossa e uscì di casa.

Engin Akyürek racconto

 LUI ♂

Keep breathing, hold on to me and never let me go. Sulle ultime note di Far Away dei Nichelback partirono i saluti: «Buona settimana, amici. Che sia sempre di lunedì!». L’occhiolino di Kemal, il regista al di là della vetrata, era il segnale d’intesa, il programma era finito. Engin si tolse le cuffie, si stiracchiò sulla sedia e si alzò per uscire dalla stanza.

«Ora un buon tè ci sta tutto!», disse lanciando uno sguardo d’intesa a Kemal, mentre cercava le sue cose, il giaccone, il cappello e gli occhiali da sole. Non faceva ancora molto freddo, ma quella era l’equipaggiamento giusto per muoversi con relativa tranquillità per le strade di Istanbul.  Come fosse una persona qualunque. Engin non lo era. E in realtà non se ne curava più di tanto; tuttavia, avvertiva spesso il bisogno di perdersi nel caos delle strade affollate di Istanbul, senza essere riconosciuto. Non perché gli desse fastidio, anzi. Il calore con cui le fan lo fermavano per strada per un selfie o per stringergli semplicemente la mano, era un aspetto della sua popolarità che gli piaceva. Gli piaceva il gesto della stretta di mano, simbolica connessione, seppur momentanea, con la vita di un’altra persona.
Chissà chi è, che fa, cosa pensa, se è innamorata, cosa legge, cosa ascolta… Ogni volta che gli capitava, si faceva queste domande e ne sorrideva, sapendo bene che sarebbero rimaste tutte senza risposta.
Ogni tanto però aveva bisogno di rifugiarsi nell’anonimato.

«Come sempre, amico mio», rispose Kemal distogliendolo dai suoi pensieri.
Uscirono insieme dalla piccola radio a Kadıköy e si sedettero al Beyaz Fırın, caffè storico di fronte alla radio. Come ogni lunedì, dopo la trasmissione che Engin si concedeva quando non era impegnato su qualche set, si sedevano a bere il loro çay bollente.  Kemal ed Engin si conoscevano si può dire da sempre, avevano abitato nello stesso quartiere di Ankara, compagni di scuola e poi anche di Università, si erano persi per un po’ e si erano ritrovati dopo qualche anno a Istanbul.


Engin era già famoso, Kemal era diventato un organizzatore di eventi e da qualche tempo aveva messo su una piccola radio, Radyo Konuş. Così, un giorno aveva proposto a Engin di fare un programma e lui era rimasto stupito ma anche affascinato dall’idea.

«Puoi farci quello che vuoi, mettere la musica che vuoi, parlare di quello che vuoi, organizzarlo come vuoi», gli aveva spiegato Kemal.
Engin non ci pensò neanche un secondo e accettò, ma a una condizione: «Non sarà Engin Akyürek a condurre il programma!». Avrebbe scelto uno pseudonimo, il suo vero nome non sarebbe comparso e anche la promozione del programma ovviamente non avrebbe fatto cenno a lui.

Kemal accettò, era certo che sarebbe stato un successo anche “senza” Engin: lo conosceva bene, conosceva le sue doti creative, la sua simpatia e la capacità di entrare in empatia con chiunque. Dopo qualche giorno, il programma era scritto: si sarebbe chiamato “Di lunedì” e sarebbe stato condotto da “Furkan Aslan”, questo lo pseudonimo che aveva scelto.
Engin aveva immaginato la trasmissione come un “contenitore” di musica, versi di poesie, stralci di racconti, un programma dinamico al quale gli ascoltatori (o meglio le ascoltatrici, considerato che chi lo contattava in radio erano soprattutto donne!) avrebbero potuto chiamare per fare domande al conduttore e ogni puntata avrebbe avuto un tema come bussola. 
“Di Lunedì” fu subito un successo, d’altronde la voce di Engin era uno dei suoi punti di forza. Spesso le ascoltatrici chiamavano o scrivevano in radio per chiedere a Furkan di recitare ancora una poesia, riempiendolo di complimenti per la voce calda ma dolce, profonda e calma, dal timbro suadente e passionale, che qualcuna aveva definito “famosa” (strappando un sorriso a Engin) e qualcun’altra “limpida”, anzi era questo uno degli aggettivi più frequenti che veniva associato alla sua voce che, senza dubbio, aveva contribuito a far amare ancora di più i personaggi dei suoi lavori.
Lui ne era consapevole, ma senza narcisismo, e aveva imparato a usarla bene nel corso della sua carriera, così come aveva imparato a “usare” magnificamente ogni parte del suo corpo, come un bravo attore deve saper fare. In realtà il suo era un talento innato e anche l’uso della voce era piuttosto naturale, certo l’esperienza gli aveva insegnato come modularla per assecondare lo stato d’animo dei personaggi. Esattamente come faceva con gli occhi, altro suo punto magnetico che caratterizzava la sua recitazione.
Il fatto di aver perfezionato l’uso di voce e occhi non lo faceva sentire falso, al contrario: ogni volta che si preparava per entrare bene in un nuovo personaggio, si preparava per essere quel personaggio, per vivere la vita di quel personaggio, si immedesimava completamente per fare suo il modo in cui avrebbe riso, pianto, sofferto, gioito e, dunque, anche parlato, per rendere ogni sfumatura possibile del suo animo, prima di lasciarlo andare via per sempre, dopo l’ultimo ciak.

Finirono di bere il loro tè e si salutarono, ridandosi appuntamento al lunedì successivo. «Ora, vai in stazione?», chiese Kemal.
«Evet!», rispose Engin con un sorriso sulle labbra.

to be continued….

© Rosaria Bianco

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13 risposte a “Prima o poi il vento si alza/1”

  1. La tua scrittura come sempre scorre piacevolmente veloce viene voglia di continuare to be continued ci riporta alla realtà interrompendo il sogno che anche solo il nome Engin è capace di suscitare .Complimenti Ros ❤️📚

  2. Sempre emozionante leggere i tuoi scritti.Entro in un mondo a me sconosciuto e cresce forte il desiderio di poter camminare per quelle strade che la protagonista del tuo racconto sta percorrendo .
    Cosa unirà Engin a Bianca?
    Aspetto con curiosità il proseguo di questa tua nuova creatura.

  3. Spero continui il tuo racconto, perchè ho amato la descrizione magica dei posti, i due personaggi principali (per ora, credo). Insomma, aspetto, aspettiamo tutti il seguito.

  4. Wow sorpresa ❤️ Letto tutto d’un fiato…ma è già finito. Te l’ho già detto che scrivi meravigliosamente bene e le parole finiscono subito. Quando poi il racconto ha dentro Engin e i luoghi dove lui abita mi appassiono ancora di più. Aspetto il seguito ❤️

  5. Ros che bella lettura le parole volano nel leggerle sei brava in tutto. Descrivere i paesaggi bellissimi dove immaginiamo EnginAkyürek
    Che li vive mi fa’ ancora più emozionare
    Grazie per la sorpresa e alla prossima

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