Emozionante, splendido, magnifico episodio con cui ha avuto inizio la seconda stagione di Adım Farah. La bellezza di questa puntata, devo dire, ha superato le mie personali aspettative. Bravi tutti, in particolare mi hanno molto colpito Demet Özdemir e Burcu Türünz, con una recitazione che mi ha coinvolta e che ho trovato credibile, vera, intensa, profonda, asciutta e senza orpelli, nonostante le insidie di alcune scene.  Due attrici, per due protagoniste, Farah e Bade, che riscattano alla grande – per personalità e intensità – il ruolo delle donne alle prese con uomini perfidi, cattivi, malati.

E che dire del nostro ragazzo?
Grande, grandissima, l’interpretazione di Engin Akyürek, che sembra vivere sulla sua pelle tutto il tormento di Tahir. Sono davvero tanti i momenti nei quali il nostro Engin mette in scena la grande bellezza della sua recitazione: a partire dai primi fotogrammi dell’episodio, sino agli ultimi istanti, con lui che ritorna in prigione, affranto, deluso, vinto da ciò che ha visto, sentito, vissuto.
Come può un attore ridere e piangere nello stesso istante? Può farlo se è Engin Akyürek: il momento in cui vede Kerimşah guarito che gioca con Behnam, Tahir hai gli occhi pieni di lacrime ma ha anche il sorriso sulle labbra. Ed è credibilissimo, vero e ti fa sentire tutto il contrasto che in quel momento sta tagliando in due il suo cuore: la gioia della guarigione, il dolore di vederlo felice con un padre che non è più lui.
E poi Farah che chiama la polizia per farlo arrestare. E che gli dice che è finita. Che vuole il divorzio per poter sposare Behnam. E’ davvero tanto, troppo, per quest’uomo che ha fatto di tutto per riprendersi la sua famiglia, convinto che lo volesse anche Farah.
Convinto che lei lo stesse aspettando. 
Convinto che lei stesse soffrendo.  

Ma, abbiamo visto, la serie continua a proporci il gioco di specchi in cui l’immagine riflessa non è ciò che è in realtà. E così abbiamo scoperto come Behnam tiene legata a sé Farah. 
Abbiamo avuto la conferma che le parole di Farah a Tahir non erano vere.
Non potevano essere vere. 
Abbiamo avuto la conferma che quelle parole, così come la richiesta di divorzio, erano finzione. Una conferma che ci rende, però, contente solo a metà.

Farah è un’assassina. Questa volta lo è diventata davvero.
Ma non era sola.
E non solo perché al suo fianco c’erano anche Bade e Gönül, ma perché in quel momento noi tutte eravamo Farah. Ognuna di noi ha ucciso Ali Galip. Una liberazione, una forma di giustizia, un’esecuzione, che abbiamo sperato, desiderato, voluto e non perché quella scena abbia risvegliato i più beceri istinti umani, ma perché quella sequenza reclamava giustizia per ogni donna che subisce violenza per mano di un uomo. Sì, giustizia, proprio la parola pronunciata da Ali Galip nei suoi ultimi istanti di vita, con il suo solito fare beffardo e spocchioso. “Credete davvero che esista la giustizia?” dice alle tre donne che lo guardano, mentre lui è a terra sanguinante.  Convinto, ancora, di poter tornarsene in giro e farla franca, come sempre.

Ma Ali Galip, questa volta, non ha fatto i conti con queste tre donne.  Sottovalutate a lungo da questo essere infimo che, tracotante e cattivissimo, ha appena detto alla nipote: “Stai cercando di fare  giustizia con il tuo piccolo cervello?”. Rabbioso come una vipera, nel violentissimo faccia a faccia, che non poteva essere più rinviato, ha dovuto tenere testa a tutto ciò che Bade finalmente gli ha vomitato in faccia.

Credo che questa sequenza, l’arrivo inaspettato di Ali Galip nella prigione di Farah e quello che succede dopo, sia stata una delle più coinvolgenti di tutto l’episodio.

Ed è fortemente significativo, a mio avviso, che l’incontro risolutivo di un uomo emblema della mascolinità che usa il femminile solo per i propri scopi, sia avvenuto con tre donne simbolo del cambiamento: Bade, Farah e Gönül.

Gönül, probabilmente, ci ha mostrato solo in parte di cosa può essere capace. Farah e Bade, invece, lo hanno già dimostrato: intelligenti, sensibili, forti, dolci, ironiche, determinate, autonome e caparbie e soprattutto con una capacità incredibile di amare e di mostrare al proprio uomo cosa può e deve significare amare: rispetto, dedizione, condivisione, protezione. Due modelli di donna estremamente moderne, affascinanti, vere.

Trovo semplicemente geniale, oltre che coerente con i personaggi, l’idea di Bade che legge libri romantici a Mehmet in coma, per provocargli una risposta: “Se non ti piace, muovi un dito.  Altrimenti continuo!”. Un amore nato in una landa deserta, attecchito dove sembrava potessero esserci ben altri sentimenti, che in realtà ha mosso i primissimi passi con il pretesto, non propriamente nobilissimo, da parte di entrambi, di sfruttare l’altro per carpire informazioni.
Eh, ma l’amore arriva dove e quando meno te l’aspetti e anche fra persone “insospettabili”: diretti, senza infingimenti, eppure così capaci di comprendersi, di carpire le onde del dolore l’uno dell’altro. Una coppia sui generis che coinvolge ed emoziona.

Ma torniamo alla scena.

La resa dei conti fra Bade e lo zio malefico era necessaria. Bade è formidabile nel vomitargli in faccia le nefandezze che ha subito da questo zio, insieme al fratello. Non mi stupirebbe ritrovare nuovamente lui fra i responsabili della scomparsa della sua famiglia, che probabilmente sarà riportata a galla in questa seconda stagione, con dettagli che ci faranno inorridire ancora una volta al pensiero di quest’uomo che nella sua vita ha solo e sempre sfruttato gli altri: Tahir e nipoti in testa.

Brave sia Demet che Burcu nel dare vita a questo lungo momento concitato, entrambe molto focalizzate sul dramma della verità. Come quella che apprende Farah, mentre ancora si ostina a prestare le prime cure per salvargli la vita, dalla stessa bocca di Ali Galip: “Sono stato io a dire a Behnam che aveva un figlio”.

In quel momento non ci può essere spazio per la pietas, né per il medico che deve ora lasciare il posto alla donna, alla madre ferita, costretta all’inferno a cui abbiamo assistito per colpa di quest’uomo moribondo ai suoi piedi. Farah si avvicina, lunghi gli istanti nei quali pensa precisamente a ciò che sta per fare: estrarre il frammento di vetro dal cuore e decretare così la sua morte certa.
Più di tutto mi ha colpito lo sguardo di Farah/Demet dopo la morte di Ali Galip. Uno sguardo che è un misto di liberazione e fierezza. 
In quel momento non c’è traccia della preoccupazione di Farah quando pensava di aver ucciso Bekir. Guardando il suo viso e quella sua espressione, si respira tutto il senso di giustizia che quell’atto rivendica a nome di tutte le donne che, come Farah, hanno subito e subiscono violenza da parte degli uomini. Non vuole essere un gesto posto come modello da seguire, da emulare, ma in quel momento non ci può essere altro, perché è la cattiveria stessa degli uomini a costringere le donne a reagire con altrettanta cattiveria.

Uomini che odiano le donne, insomma.
Perché nell’immagine delle donne vedono il riflesso del proprio fallimento come esseri umani, delle frustrazioni che hanno subìto, del dolore probabilmente che a loro volta hanno vissuto.  Ma nulla, nulla, può e deve giustificare la violenza e gli atti ignobili nei confronti delle donne!
E non si può usare altro aggettivo se non ignobile verso il rito di pentimento a cui è sottoposta Farah (per mano di altre donne…). Sevizie belle e buone, in nome di non so quale dio possa mai tollerare tanta sofferenza e tanta cattiveria e rispetto alcuno della dignità delle persone.
Brava Demet Özdemir nell’interpretare il dolore fisico e ancor più il lacerante dolore interiore, l’ammissione di una colpa mai commessa.

Odioso, insopportabile, intollerabile, irriguardoso il godimento che si legge sul viso di Behnam quando ascolta le urla di dolore di Farah. Anche Benham, intuiamo dal dialogo con la madre (che forse è peggio anche del figlio..) ha un fardello che si porta dietro dall’infanzia e che “giustifica” questo suo disprezzo nei confronti di Farah. 
Ma non chiamatelo amore, per favore. 
Non può essere amore il sentimento che Benham prova per Farah.
Odio, semmai.
Patologia, di sicuro.
E non siamo nemmeno davanti ad un caso di manipolazione emotiva di un individuo incapace di amare, qui siamo ben oltre. C’è il ricatto. Che non gioca affatto sul filo dell’emotività in maniera subdola, ma è palese e minaccioso ed attacca esplicitamente la vittima, tradendo un concetto di amore che tale non è, perché si riduce all’ossessione del possesso che tracima nella violazione della libertà altrui: Farah è chiusa in cassaforte.

Benham è un soggetto che la psicologia che analizza i contesti e i comportamenti della violenza di genere identificherebbe probabilmente come narcisista psicopatico, un individuo che manipola la vittima esasperandola al punto da portarla alla svalorizzazione della sua persona, rendendola dipendente dal suo carnefice. Un soggetto indiscutibilmente patologico che dinanzi alla minaccia di qualcosa che potrebbe intaccare la sua autostima, il senso smisurato di superiorità e la certezza che tutto gli sia dovuto, reagisce con il ricatto, che qui non è nemmeno velato, ma chiaramente esposto. Lo dice senza mezzi termini a Farah dopo l’arresto di Tahir, caduto nella trappola di Benham.


Lui la va a trovare nella camera-cassaforte nella quale è rinchiusa Farah: “Cos’è questo asciugamano bagnato? Stai piangendo segretamente per colpa mia?”

“Avevo un po’ freddo oggi, mi sono raffreddata e ho iniziato a lacrimare. Li ho asciugati”

“Spero che tu abbia convinto il signor Tahir a divorziare, Farah. E spero che tu non abbia pianto per lui. Perché, diversamente, sai cosa ti succederà?”

Farah annuisce con un impercettibile movimento del capo.

“Non lo sai”, risponde lui, gelando ancor di più il monologo.
Poi continua: “Sarai punita per il crimine che hai commesso. Tu andrai in prigione e io ucciderò quell’uomo. E ad ogni anniversario della sua morte, verremo a trovarti con Kerimşah. Hai capito?”.
Ancora una volta, senza tradire alcuna emozione, Farah annuisce con la testa.

Ecco, per questi uomini tossici, vendicativi, come Behnam, per questi narcisisti psicopatici non esiste il disaccordo, non esiste il compromesso, non esiste il mettersi in discussione, il dubbio, il tentennamento, è tutto un ”come dico io”. Per questi uomini malati di ego la reazione ad ogni sfida è un ultimatum è un “devi fare questo o io farò quest’altro”.

L’obiettivo è avere il controllo pieno, totale, della vittima e condurla verso il disconoscimento totale di sé. Farah, non dimentichiamo, è un medico, oltre ad essere una donna estremamente intelligente. Quindi sa, riconosce la patologia e risponde di conseguenza. Finge questa svalorizzazione di sé – nessuna emozione, nessun parere personale, nessuna opinione – per tenere a bada Behnam. Al momento non può fare altro.
Ha davvero rinunciato a Tahir e a suo figlio? No.
Protegge il suo uomo e protegge suo figlio. Protegge sé stessa, per essere forte al momento giusto. Lei sa che Tahir non si arrenderà mai. Glielo ha anche detto, in tribunale. Ma per ora deve stare al gioco, fingendosi pasta di creta che si lascia modellare dai capricci malati di quest’uomo maledetto.  
Gli fa credere ciò che lui vuol credere.

Behnam, forse per la prima volta nella sua vita, si è sentito impotenti davanti a ciò che lega Tahir e Farah. Già quando la ritrova, nel loro dialogo in camera da letto, il suo viso tradisce una impercettibile debolezza, quando Farah gli dice quanto Tahir abbia fatto per loro.
“Nonostante non sia suo figlio?”.  
E poi ancora quando Tahir gli urla al telefono: “Ci siamo presi cura uno dell’altro, ne abbiamo passate tante, mi ha ridato speranza! Siamo connessi in un modo che non puoi immaginare!”.
Tahir ha osato dunque incrinare l’ego di quest’uomo. Il legame fra Farah e Tahir fa vacillare il suo senso di superiorità, il suo “avere diritto a tutto”.
Inaccettabile per Behnam, che reagisce nel modo più malato possibile (e le cause di questa condizione patologica credo siano riconducibili alla madre che dice, a proposito di Farah rinchiusa: le persone vanno trattate da persone, gli animali come animali) ricattando Farah, riprendendosela come fosse un oggetto e trattandola come tale. Rinchiudendola in cassaforte.

Farah, dunque, finge, per proteggere i suoi due uomini: Tahir e Kerimşah.
E come si comporterà Kerimşah? Io credo che non rinuncerà facilmente alla madre, prima o poi chiederà che fine abbia fatto. Non credo che Kerimşah possa dimenticare facilmente la sua mamma così speciale. Con la sua indole curiosa e l’attitudine a fare mille domande prima o poi comincerà a chiedersi e a chiedere di più e forse comincerà a capire qualcosa di più di questo padre che gli racconta “tante storie” (quante false storie?) che lo riempie di regali (ma fa scivolare il libro sul pesciolino a cui è tanto legato) e che per spiegargli di quanto siano forti certi legami, nel momento in cui rivela la sua identità al figlio, usa uno stratagemma fortemente simbolico, il nodo del marinaio, ma il risultato che esce fuori dalle sue mani è qualcosa che atterrisce: un cappio.  D’altronde, dalla mani di una mente malata e cattiva può mai uscire nulla di buono?

E Tahir?

L’episodio si chiude con due segnali di speranza, flebili, ma pur sempre di speranza.
Uno, Mehmet che muove un dito. Quindi sta per uscire dal coma. Sarà tutto facile come ci si aspetta? Ricorderà alla perfezione tutto quello che è successo? O brandelli di ricordi andranno perduti o quantomeno richiederanno più tempo perché possano tornare a galla? Ecco, questo è il mio grande timore.  
Di certo, io penso, la chiave di volta di tutto ciò che ruoterà intorno alla salvezza di Tahir e all’emergere della verità sarà Bade. Lei sa che Farah ha ucciso Ali Galip. E sa che Farah è in Iran per il figlio. Sa quello che Farah ha subito, per averlo visto con i suoi occhi. Sa dell’accordo fra Mehmet e Tahir. Lei è l’unica a sapere la verità. 
Ma non tutta. Lei – e adesso nessun altro – non sa di Orhan. Che non è comparso, ma sappiamo essere l’artefice del tranello con cui hanno incastrato Tahir, in accordo con Ali Galip e Benham.
Ali Galip non lo ha detto neanche a Vera. Nessuno sa di Orhan, che non si è avvicinato neanche al capezzale del figlio moribondo e in coma. L’unico a sapere è ovviamente Ilyas. Un altro individuo malato, che probabilmente conserva come feticci i proiettili dei crimini commessi insieme al suo “baba”. Deduco questo, collegando la scena di questo 15° episodio con l’altra  scena – allora rimasta incomprensibile  – della prima stagione, in cui teneva fra le mani un proiettile. Se è così, allora, probabilmente questa sarà la sua debolezza e ciò che farà capire la sua implicazione nell’organizzazione criminale. E dunque sarà egli stesso a condurre verso la verità.


L’altro segnale di speranza che ci consegna la fine del 15° episodio è Tahir che riprende in mano la foto di loro tre, della sua famiglia, che lui stesso in un momento di stizza aveva gettato a terra, mentre torna in carcere.
Proprio non ce la fa Tahir a staccarsi da quel legame. Proprio non ce la fa a rinunciare a loro.
Dico di più: probabilmente è il segnale che qualcosa può ancora accadere.
Nonostante tutto.
Nonostante la freddezza di Farah.
Nonostante la richiesta di divorzio.
Nonostante la felicità del piccolo che gioca con quell’uomo che chiama papà.

Tahir ci ha provato, con tutto sé stesso. Ma ha utilizzato i mezzi sbagliati.
Benham è un titano.
E lui è solo.
E per venire a capo di questo intrigo grosso quanto una montagna, non può bastare l’aiuto dei suoi due compagni fedeli. Per quanto appassionati, pronti e leali, non sono all’altezza di una situazione così complicata: da una parte lo Stato – lui è in galera – dall’altra il mostro Benham che ha agganci con il mondo, che è potente, che è protetto.
Al momento è una guerra ad armi impari.


Ma una via d’uscita potrebbe esserci.
Quale? Sposare Merjan.
E ritorna il gioco degli specchi e del riflesso di ciò che non è.
Dunque, questa la mia ipotesi: il padre di Merjan – interpretato da Burak Tamdoğan – è un diplomatico che, come leggiamo nella scheda della stessa Fox, “vuole proteggere la figlia dal nipote Behnam e da sua madre Rahşan”, con i quali come abbiamo visto già, non ha proprio degli ottimi rapporti di parentela.  Merjan, ci viene presentata come “una giovane donna moderna che si oppone al regime dei mullah, critica Rahşan e il suo conservatorismo e pensa che ad uccidere l’uomo che amava sia stato Behnam”. 
Padre e figlia, insomma, potrebbe giovarsi dell’ingresso nella loro vita di un uomo coraggioso e intelligente come Tahir, che odia più di loro Behnam e che farebbe ciò che loro due non sono in grado di fare da soli: distruggere Behnam. Vendicarsi.
Tahir, dal canto suo, sposando Merjan si ritroverebbe intanto in una posizione di maggiore vicinanza a Farah, che lo aiuterebbe a capire meglio la situazione e “cosa sta passando”,  ma poi si ritroverebbe in una condizione di parità sociale nei confronti del titano Behnam e  – cosa importantissima – sposando Merjan, godrebbe degli stessi privilegi diplomatici del suocero, compresa l’immunità diplomatica, cioè l’inviolabilità personale (fermi, arresti o perquisizioni), l’inviolabilità domiciliare (come casa e come Paese) e l’immunità dalla giurisdizione, sia civile che penale.
Tahir, insomma, sarebbe invincibile.
E da questa posizione potrebbe studiare, attaccare e vincere il nemico.


Un matrimonio finto, intendiamoci. Ma perché il piano funzioni, tutto dovrà essere credibile.
E come reagirebbe Farah alla notizia? E a incontrarli?  D’altro canto, Farah e Tahir avevano loro stessi iniziato proprio con un matrimonio finto…
E, dunque, ci sarebbe di nuovo un matrimonio finto, questa volta come grimaldello per far saltare in aria il castello inviolabile di Behnam.
E raggiungere il riscatto, legittimo e giusto, per Tahir e Farah.

Ros

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4 Comments

  1. Io spero tanto che ci sia il lieto fine. Ho letto tanti commenti dove dicono che i sogni premonitori di farah si avverano tutti. se fanno morire Tahir la serie chiude del tutto anche perché in questa puntata l’80% delle scene erano con Engin. È stata una bella puntata ricca di azione. Engin con il suo mix di talento e carisma straordinario mi ha emozionato tanto ed è già pronto x essere il nuovo James Bond. Ho pensato anche io al matrimonio con Merjan . C’è però il rischio che lei si innamori veramente di Tahir. Mi immagino già la scena lui che entra con merjan invitati a cena e Farah che sarà gelosissima anche se dovrà resistere.Spero nel frattempo che Tahir venga scagionato dalle accuse e che esca di prigione magari con l’aiuto di Bekir e dei suoi 2 amici che con il filmato del parcheggio vedranno che è stato Orhan a sparargli.Penso che la guarigione di Mehmet arrivera’ piano piano attraverso dei flashback. Immagino questa scena : lui in macchina con tahir che lo porta a fare qualche visita e lui vede quella catenina verde appesa ( a mio parere era della mamma di Tahir) ed inizia ad avere dei flashback magari la mamma che gioca con lui e che nel frattempo ha anche in braccio un neonato. Non vedo l’ ora di vedere quando scopriranno che i loro genitori sono stati uccisi e che sono fratelli. Engin ci regalerà come al solito un’altra emozione. Mi immagino loro due che piangono di dolore x i genitori ma anche di felicità x essersi ritrovati e si abbracciano. Riguardando l’episodio ho capito che è stato proprio Behnam a dare l’indirizzo sbagliato ed a fare arrestare Tahir con la complicità di Ali Galip. Questa volta mi piacerebbe vedere proprio Behnam essere incastrato con i suoi affari loschi magari con l’aiuto di Bekir e Mehmet. Spero che kerimsha dopo la felicità iniziale inizi a capire che il padre in realtà è un mostro e magari a chiamare di nascosto Tahir x chiedergli aiuto. Per la morte si Ali Galip magari indagando con Mehmet e guardando le telecamere di sicurezza scopriranno la verità è che Farah l’ha rifiutato solo perché era sotto ricatto. Mi sono dilungata troppo ma questa serie penso sia una delle più belle di quest’anno poi ha un cast eccezionale, trama avvincente, dialoghi mai banali, scenario, regia, colonna sonora bellissima ( alzo sempre il volume con le musiche). Complimenti a tutti.

    1. Grazie per il tuo feedback Helly! Trovo molto suggestiva la teoria intorno alla collanina, mi piacerebbe molto. A presto!

  2. E, ma allora…qui va a finire che ci appassioniamo di più alle tue interpretazioni/recensioni/ previsioni che agli episodi stessi! Io di sicuro le aspetto con la stessa ansia ed emozione😉😉

    1. Daiiiiiii :-))))))))

Ros

Giornalista freelance, ghostwriter, content editor, sommelier, mi occupo di uffici stampa e comunicazione. Scrivo, leggo, ascolto musica, divoro film e serie tv. Soprattutto turche. Soprattutto con Engin Akyürek. Il mio sogno? Intervistarlo

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